Forse non è un caso che malgrado dovesse la propria notorietà al personaggio del commissario Montalbano, l’ultima figura nella quale si è immedesimato sia stata quella di Tiresia, l’indovino che nell’Odissea indica a Ulisse la via del ritorno e che malgrado la cecità ha una «visione» molto chiara della realtà che lo circonda. Perché tra i tanti possibili modi di ricordare Andrea Camilleri – scomparso ieri mattina a 93 anni all’ospedale Santo Spirito di Roma dove era stato ricoverato dal 17 giugno in seguito ad un arresto cardiaco -, accanto all’uomo di cultura raffinato, allo scrittore prolifico e sornione, c’è sicuramente anche l’intellettuale civile che in punta di piedi, quasi suo malgrado e facendo violenza alla riservatezza di una vita, ha sentito negli ultimi anni la necessità di far sentire la propria voce di fronte al crescente imbarbarimento della società italiana.
SE L’AFFINITÀ con Tiresia, a partire dalla cecità che lo aveva colpito di recente, lo hanno portato ad impersonare l’indovino sul palcoscenico del Teatro Greco di Siracusa, la lucidità del suo «sguardo» non ha mancato di accompagnare i passaggi più difficili della recente storia nazionale. L’inventore dell’inedita forma narrativa che ruota intorno alle indagini del commissario di polizia dell’immaginaria cittadina siciliana di Vigata, anch’egli, come il suo creatore, eroe suo malgrado, si era fatto sentire negli anni del berlusconismo rampante, contro le violenze al G8 di Genova del 2001 come nei confronti dell’onda xenofoba incarnata da Salvini e dalla Lega.
Nettissimi alcuni suoi commenti recenti, come quello espresso riguardo il crescente consenso al Carroccio: «Non voglio fare paragoni ma intorno alle posizioni estremiste di Salvini avverto lo stesso consenso che nel 1937 sentivo intorno a Mussolini».
ANCHE PER QUESTO, nella lista pressoché infinita degli omaggi pubblici resi alla figura di Camilleri, dopo che le agenzie avevano battuto nella prima mattinata la notizia della sua morte, e a riprova della caratura civile oltreché intellettuale del personaggio, ha stupito e destato qualche inquietudine proprio quello espresso da Matteo Salvini.
«Addio ad Andrea Camilleri, papà di Montalbano e narratore instancabile della sua Sicilia», ha twittato il vicepremier e ministro degli Interni, aggiungendo, «so che politicamente me ne ha dette dietro di tutti i colori, ma l’Italia ha perso qualcosa». Parole che sui social, dove la figura dello scrittore era stato spesso oggetto di attacchi brutali e volgari, anche dopo il suo ricovero in ospedale, proprio per i suoi interventi contro il razzismo e le discriminazioni crescenti nel nostro paese, sono stati accolti dall’accusa di «speculazione politica» e «sciacallaggio». «Ora lo celebri? Quando per mesi gli hai aizzato contro le peggiori bestie social», ha scritto un utente di Twitter. Mentre, Michele Anzaldi, membro Pd della commissione di Vigilanza Rai, ha ricordato come il servizio pubblico «stia oscurando in queste ore» un’intervista allo scrittore – rilasciata a Fabio Fazio in una puntata di «Che tempo che fa» del 18 ottobre, nella quale Camilleri disse di «ritenersi fortunato ad essere cieco per non dover vedere certe facce ributtanti che seminano odio».
Lontano dalle polemiche, l’omaggio arriva però anche dalle più altre cariche dello Stato. Camilleri «lascia un vuoto nella cultura italiana», si legge ad esempio nel messaggio del Presidente Mattarella, mentre, da sinistra e dal mondo del lavoro si moltiplicano i messaggi di cordoglio, da Fratoianni e Landini, tra gli altri. Per il segretario della Cgil, «la sua scomparsa lascia un grande vuoto di passione civile».
E C’È DA CREDERE che proprio per questo in molti si ritroveranno questo pomeriggio alle 15 al Cimitero Acattolico, nel quartiere romano di Testaccio, per un ultimo caloroso saluto ad Andrea Camilleri che aveva affidato proprio a Tiresia il suo «arrivederci» postumo: «Mi piacerebbe che ci rincontrassimo tutti quanti, qui, in una sera come questa, tra cento anni!».
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