sabato 22 giugno 2019

Fuori per sempre. Doris Femminis


Dopo l’esordio di Chiara cantante e altre capraie. Saga di donne strette tra le montagne e il cielo (Pentàgora, 2017), Doris Femminis dà alle stampe il suo secondo romanzo. Fuori per sempre (Marcos y Marcos, pp. 348, euro 18), conferma l’originalità letteraria della scrittrice ticinese a cui si confà il tono definitivo del titolo, sentenza ma anche promessa di uno sguardo capace di svettare oltre i luoghi, anche quelli comuni. A essere fuori è dunque una certa forma di discorso escludente, un logos che non tiene conto delle vicende degli ultimi e non comprende la sofferenza, soprattutto quella mentale, che attraversa la Storia più grande.
L’INTERESSE speciale di Doris Femminis verso narrazioni corali che volteggiano lungo i margini parte dalla sua vicenda biografica, ovvero da un’infanzia nella Svizzera italiana, a Cavergno, da cui poi transita per lavorare a Mandrisio, giungendo dapprima a Ginevra e infine nel Canton Vaud. Negli occhi ha l’intermittenza dei sogni di sua nonna, capraia di cui per alcuni anni avrebbe voluto seguire la sorte; con il primo stipendio Doris compra un agnello e per qualche tempo, mentre intraprende la professione infermieristica, alleva un piccolo gregge. È il contatto con la comunità contadina, quella piccola del paese natale, dura e tuttavia semplice, che le dà la misura di una parola asciutta, splendente maestra di nominazioni e visioni. Nel presagio di una physis colma di trappole e mai compiuta, Femminis costruisce un posto parlante che è proprio il suo. Ha filastrocche popolari e rime baciate dalla sfortuna a cui ci si rivolta.
Dallo sprofondo di un crollo psichico, Giulia, una delle protagoniste di Fuori per sempre, per scappare dalla propria angoscia fa qualsiasi cosa fino ad arrendersi all’evidenza del rammendo genealogico, grazie alla iniziale relazione di fiducia con la dottoressa Sortelli; conosciamo in tal modo sua sorella Annalisa, bambina e poi ragazzina tra i boschi limitrofi a Giusello. Rompe rami, lancia sassi, si riposa dentro anfratti cavernosi uscendone dopo ore, scorticata e piena di terra. Ma soprattutto allestisce l’esatto perimetro del fuori, chiudendo tra le pietre il paesino di Giusello e chi lo abita, con case osterie pascoli panetterie chiesa compresa. Attorno le foglie, una per ogni emozione, quelle di betulla sono gentili, di faggio invece spiacevoli, di quercia indicano malumori, con quelle di castagno si può nominare l’ipocrisia del prossimo. La parabola di Annalisa riemerge nella contraddizione insanabile di Giulia, è a lei che rimane la conseguenza di una sintomatologia abbandonica secondo cui esiste il fuori che si può controllare e quello invece che amplifica i sensi tanto da allucinarli. Esiste il frastuono delle ambulanze, serate in cui guardare il cielo non è una romanticheria occasionale ma la conseguenza quasi fatale della schiena che si inarca per gli effetti di una pera.
POI L’AZZARDO di una fuga vera, di corpi reali che esplodono, scardina la contenzione e diventa esercizio rocambolesco di un futuro possibile, di fuoriuscita dal martirio della istituzione totale. Una prova generale di ciò che significa varcare la soglia. E uscire, andare via. Zaini in spalla. E via. Si tratti di Giulia, Annalisa o Alex, di Esteban, Daniele o Michele poco importa. Con disinvoltura, il gesto di Doris Femminis segue l’allarme imminente e irrimediabile di una guarigione che è difficile sperimentare quando è l’altra faccia dell’internamento.
Il manicomio abitato dagli indifesi, da una afflizione esiziale di cui il romanzo ci fa sentire odori, sapori e colori, è allora l’esito di contesti materiali frequentati dalla scrittrice per ragioni di lavoro, non solo nei reparti ma anche a domicilio, quando cioè Doris, che dà vita a creature affezionate all’utopia e ai licheni, deve andare a sincerarsi dello stato di salute psichica di chi ha in cura. Sono incontri, relazioni di storie che si toccano e si mescolano nell’abbraccio di un tempo che, oltrepassando i confini più di quarant’anni fa, ha nominato la libertà come rivoluzionaria. E terapeutica.
[Alessandra Pigliaru 21/06/2019]

Commenti

il 12/08 SR ha commentato Non credo che D'Avenia possa far parte del nostro blog. Certo i suoi libri sono best-sellers tra gli adolescenti, e probabilmente hanno il merito di avviare qualche giovane alla lettura, ma la banalità delle situazioni e del linguaggio non permettono di considerare questi testi letteratura. Diciamo che sono testi "di servizio", nella migliore delle ipotesi. su Prossimamente
il 14/05 SR ha commentato Purtroppo J.K.J. non sembra più funzionare con le ultime generazioni: un tentativo di leggere a scuola Three Men In a Boat è finito miseramente in noia. I ragazzi non capivano cosa c'era da ridere e io non capivo perché non capivano. Tristissimo. Jerome per me è finito in quell'armadio dove tengo gli autori speciali che voglio proteggere dagli studenti... su Jerome K. Jerome, fare ridere l’uomo moderno, spaventato
il 29/02 Ida ha commentato A proposito di classifiche: "Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove." Anch'io,come U.ECO sono andata al cinema nel modo ricordato e quindi io amo ricordare e vorrei tanto poter fare liste di su Chi siamo
il 28/02 Ida ha commentato Grazie Roberta per aver riaperto il blog.Trovo che è un modo per uscire dalla solitudine delle letture personali.Scrivere e leggere accanto, trovo che è un bel modo per parlarci e parlarmi. su Chi siamo