Quella parte di America che amiamo c'è ancora, e vive nella letteratura. In questo momento di generale fastidio per gli ex amici d'oltreoceano, vi consiglio un paio di libri usciti già da un po' anche in italiano su cui vale sicuramente la pena di soffermarsi. Entrambi parlano del presente ispirandosi ai grandi del passato.
Il primo è DEMON COPPERHEAD, di Barbara Kingsolver, un titolo che rimanda apertamente a Dickens. E' un libro costruito su vari livelli diversi: è un classico Bildungsroman, è un libro di avventura con tratti epici; è un romanzo politico che mischia tragedia e commedia, realismo contemporaneo e realismo Vittoriano, visione morale e humour. Quindi, certamente Dickensiano. Per questo, come ha scritto qualcuno -sorry, non ricordo chi- è un emotional punch, un pugno emotivo nello stomaco. Sono assolutamente d'accordo.
E' incredibile vedere quanto poco è cambiato dalla società Vittoriana di DAVID COPPERFIELD agli USA del giorno d'oggi, almeno in alcune aree (quelle tristi, quelle pericolose per l'equilibrio di tutto il mondo): quello che descrive Kingsolver, la povertà, la crisi degli oppioidi, il fallimento delle istituzioni, non è molto diverso dal mondo descritto da Dickens. Questo romanzo può aiutare a capire quello che è successo alle ultime elezioni americane, ma può anche aiutare a trovare una chiave per cercare di risolvere il problema. In questo contesto puoi diventare una vittima, un vice-presidente degli Stati Uniti, oppure Demon Copperhead. Il protagonista è un personaggio meraviglioso che il lettore ama dalla prima all'ultima pagina, con tutti i suoi difetti e le sue virtù. Anche gli altri personaggi sono molto interessanti e ben costruiti, completi e soddisfacenti. La prosa è brillante e il plot è impeccabile.
Un libro che non si dimentica.
L'altro romanzo importante, veramente importante, che vi voglio segnalare è JAMES, di Perceval Everett, un autore che già abbiamo letto insieme in passato. Un autore che è un vero gigante, un genio della letteratura contemporanea, e non solo. Non credo che ci sia nessun autore americano vivente alla sua altezza in questo momento. Tutto in questo romanzo è ai massimi livelli, l'invenzione, l'affondo psicologico, l'ironia, l'uso della lingua, davvero tutto. Anche qui la capacità Dickensiana di mescolare la tragedia con la commedia e persino la farsa, la risata e le lacrime.
Everett ha trattato il tema del razzismo americano con grande acume e sottigliezza in tutti i suoi libri, e qui conferma questa sua abilità creando un'ucronia, una storia alternativa che però non ha avuto sbocchi positivi. Il punto di partenza è molto semplice: la riscrittura di LE AVVENTURE DI HUCKLEBERRY FINN dal punto di vista dello schiavo nero: tutto il resto è un fuoco d'artificio di invenzione, ironia, sarcasmo, sofferenza e divertimento.
Mark Twain sarebbe orgoglioso dell'uso che che Everett ha fatto del suo lavoro.