SESTO TEMPO
“Senso”
ha musiche straordinarie: la Sinfonia n.7 in mi maggiore di Anton Brukner,
splendido post wagneriano e, all’inizio, l’aria
“D’amor sull’ali rosee”, dal “Trovatore” di Verdi secondo molti il
vertice dell’(inesistente) romanticismo italiano.
Ma
per me le vere suggestioni musicali sono altre.
Narra,
infatti, una leggenda metropolitana d’epoca, che nel 1858 Wagner visitasse
Venezia e al Caffè Quadri , il caffè
degli austriaci (i patrioti italiani si riunivano al caffè di fronte al
Florian), un gruppo di ufficiali gli suonasse, con un’orchestrina più o meno
improvvisata, alcune delle sue composizioni. Mi piace pensare che tra quegli
ufficiali ci fosse anche Franz Mahler. Su questa leggenda , un signore di genio
che si chiama Uri Caine ha fatto una operazione straordinaria. Ha inciso dal
vivo, nel 1997, al caffè Quadri alcuni brani di Wagner con una orchestrina
Klezmer (peraltro scelta tra i più talentuosi musicisti di New York): piano,
due violini, violoncello, contrabbasso e fisarmonica. L’album si chiama “Wagner
e Venezia” ed è di un fascino assoluto e si muove in quella zona di ambiguità e
incertezza che è della grande arte.
Pensate,
musicisti ebrei che suonano Wagner! Sembra un ossimoro. (“Quando ascolto
Wagner, non so perché, ma mi viene
voglia di invadere la Polonia” diceva Woody Allen). Una soluzione poteva essere
la semplice parodia e si sarebbe capito. Ma Caine fa altro. C’è come la
sensazione di una lotta tra la memoria dei musicisti e l’ammirazione comunque
per la musica ( l’unico brano parodico è in effetti “La cavalcata delle
Walchirie” che è parodico di per se stesso, peraltro). C’è il mistero di come
un bastardo antisemita del genere abbia
potuto essere un tale genio musicale.
L’effetto finale è quello di un Wagner prosciugato dalle ridondanze, anche dei
suoi interpreti tradizionali, e in qualche modo reso umano. Come se le vittime
e la loro umanità, per una volta, avessero convinto anche i loro carnefici
della loro, di umanità. La cosa è
evidente fin dal brano che apre il CD, il Liebestod, il canto dell’amore e
della morte dal “Tristano e Isotta” ( che detto per inciso non poteva, in ogni
caso, mancare in questa piccola dissertazione su amore e musica) che mai ho
sentito più struggente e appassionato. Il CD è famoso, ma la grande notorietà a Caine è venuta per
un’altra operazione apparentemente simile ma assai diversa: l’ampia
rivisitazione che ha fatto (4CD, di cui 2 dal vivo) delle musiche di Gustav
Mahler ( vi dice niente questo
cognome?). Qui si gioca “in casa”, Mahler era ebreo, ma soprattutto anticipava,
con le sue sinfonie, il gusto della
contaminazione sonora, della mescolanza tra alto e basso che è, poi, il credo
dei musicisti della generazione di
Caine. Secondo Baricco anticipa anche la nascita del cinema e, probabilmente,
ha ragione. Varrebbe la pena di approfondire ma ho, come, la sensazione che
questo “breve” scritto rischi di non finire più.
Per
cui riprendo il cammino e di Mahler mi tengo solo “L’adagetto” della 5°
Sinfonia che divide, per me, la palma, con il Liebestod, per la melodia più
assoluta che sia mai stata composta. E che analogamente - non c’è nulla da fare
- evoca anch’esso un sottile profumo di morte.
E
non a caso, il Maestro Luchino ne ha
fatto la colonna sonora di “Morte a Venezia” che è tante cose , anche una
biografia romanzata di Mahler, piena di suggestioni del “Doctor Faustus” ma,
soprattutto - finalmente lo scrivo dopo
che l’ho detto tante volte - è la riduzione cinematografica, sempre inseguita,
mai realizzata direttamente, di “Alla ricerca del tempo perduto”. E’ la
“sua” recherce e Visconti è, contemporaneamente, il desiderato
e il desiderante, Tadzio e Ashenbach.
E,
adesso, un po' di ricerca del tempo perduto vorrei farla anch'io.
Perché,
al di là di quello che ho scritto, la prima suggestione che mi ha dato il
Wagner veneziano è legata ad un ricordo familiare. Mio nonno paterno Alceste,
musicista, tra il '20 e il '30, dirigeva un'orchestrina al Caffè Quadri di
Venezia ( anche oggi ci sono). Era un trio d'archi con pianoforte e,
sicuramente suonava musica classica:
composizioni sue, qualche canzone veneziana, un po' di Vivaldi. Ma forse, anche
un po' di Wagner . Chissà? Certo il CD di Caine dove si sente anche il rumore dei bicchieri e delle posate
degli avventori e il suono delle campane qualche "falso ricordo” me lo
regala. E chissà se il nonno ha conosciuto in quegli anni, precisamente nel
1923, in Piazza S. Marco, anche Corto Maltese? Questa è una storia curiosa e
doppia. In un albo di qualche anno fa "Anthropology 7" Guido Crepax
ricostruisce un episodio della vita della nonna materna di Valentina che,
figlia illegittima di un conte austriaco e di una bellissima ebrea polacca, si chiama Louise Brookszowyc
e, costretta a fuggire a Venezia dopo la caduta dell'Impero asburgico, fa la
"cortigiana" con il nome di Belle. Qui, in un salotto, conosce e si
innamora del marinaio Corto Maltese che, però, poco dopo si imbarca lasciandola
incinta, probabilmente della mamma di Valentina.
A questo punto la storia acquista un andamento curioso
perché Hugo Pratt restituisce l'omaggio a Crepax in una storia intitolata
"Tango" ( della guardia vecchia? ) in cui Corto Maltese va alla
ricerca di Belle - Louise che è finita a fare la prostituta a Buenos Aires,
scopre che è morta e ne salva la figlia. La storia è molto elegante anche
perché Pratt nelle sequenze di tango omaggia in modo esplicito lo stile di
Crepax . Ed è assai drammatica perché
rievoca vicende effettivamente accadute:
il traffico di fanciulle ebree ( ma anche contadine cattoliche) verso il Sud
America gestito proprio dalla malavita
ebraica. ( ci ha fatto su il proprio film d'esordio Jonathan
Demme
: "Il segno degli Hannan")
Buenos
Aires? A parte il tango musicalmente cosa fa venire in mente?
Un
musicista classico autore delle colonne sonore degli ultimi due film di Francis Coppola: il bellissimo
“Un’altra giovinezza”, tratto da una novella di Mircea Eliade, ambientato tra Romania, India e Isole greche, una storia
d’amore, amore perduto, rimpianto, ritrovato e riconquistato e il capolavoro
“Tetro – Un’altra giovinezza”, ambientato tra Buenos Aires e la Patagonia, una storia d’amore tra un uomo e una donna e
tra due fratelli, amore perduto,
rimpianto, ritrovato e riconquistato.
Il
musicista, ad ogni buon conto, si chiama Osvaldo Golijov, argentino di origine
ebraica. Golijov secondo Alex Ross è uno dei musicisti oggi più interessanti.
Ha composto musica per orchestra, da camera, una messa. Ha contaminato
strumentazione tradizionale ed elettronica. Ma non aveva mai fatto riferimento
al folklore ebraico. Piuttosto a certi ritmi sudamericani.
Nel
2004 ha, però rimusicato e inciso con
una formazione da camera ed elettronica ( molto soft) una serie di canti della
tradizione sefardita, sarda, araba, insomma mediterranea con la collaborazione
della soprano Dawn Upshaw, omaggiando, a
40 anni di distanza, il fondamentale lavoro di Luciano Berio “Folk songs”,
inciso all’epoca con la straordinaria Cathy Berberian, la cui riproposizione costituisce
la seconda parte del CD. L’album è intitolato AYRE ed inciso per la Deutsche
Grammophon.
Quanto
al nostro Corto Maltese, nella sua avventura incontra ed è aiutato da un famoso
fuorilegge yankee, suo amico, datosi morto e riapparso in Argentina come
allevatore: Butch Cassidy. E così noi, quasi costretti, si ritorna sulle piste
del West.
Cassidy
è realmente esistito ed è stato l'ultimo grande fuorilegge della frontiera.
Creatore di una banda famosissima ( anche per motivi strettamente
cinematografici) chiamata "Il mucchio selvaggio".
L'esordio
del giovane Cassidy come desperado
era avvenuto nel 1890 nella contea di Johnson in Wyoming in una delle più
famose "guerre dei pascoli", tra i Baroni del bestiame e le nuove
ondate di contadini immigrati dall'Europa.
Questa
guerra è lo sfondo del film
"maledetto" di Michael Cimino, "I cancelli del cielo"
ostracizzato da critica e pubblico americani perché aveva osato mettere in
scena la storia del West come storia di lotta di classe. E i migranti sono
tutti dell'Europa dell'Est: ebrei, polacchi, russi e le musiche con cui ballano
nel film sono le solite care vecchie musiche folk di cui abbiamo parlato.
I
protagonisti sono uno sceriffo "buono", un fuorilegge
"buonino" e, ma guarda un po', una tenutaria , questa volta francese.
Lei ama entrambi, sceglie alla fine il fuorilegge, i padroni glielo ammazzano,
sceglie allora lo sceriffo e i padroni ammazzano lei ( evidentemente il mito di
Jules e Jim è duro a morire al cinema. Qui tra l'altro, direi, non vi è
sospetto di "attrazione" tra i
due maschietti. Diversamente accade in "Butch Cassidy", il film, in
cui gli innamorati sono evidentemente Paul Newman e Robert Redford che si amano
per interposta Katharine Ross. E, a proposito, tutti i personaggi di cui vi ho
parlato sono realmente esistiti ).
A
parte le battute, "I cancelli del cielo" è un capolavoro che deve
molto a "C'era una vola il West" . Cimino e Leone smitizzano e
rimitizzano contemporaneamente e condividono la predilezione di girare per
"blocchi sequenza" che, detto in termini più umani, significa che
entrambi costruiscono sequenze memorabili fottendosene dei buchi narrativi che
ogni tanto creano ( sul fatto se questa sia una scelta o una loro incapacità
non è dato sapere).
Ripensare
ai due film, in ogni caso, mi fa tornare in mente Jill che è molto più
fascinosa della protagonista di Cimino ( peraltro l'adorabile Isabelle
Huppert).
Jill
è assai più potente come personaggio non foss'altro perché è l'oggetto del desiderio non,
banalmente, di due uomini ma di ben
quattro: i tre protagonisti e il marito,
fatto fuori nella seconda sequenza. Una donna così affascinate da essere amata
da quattro uomini. Qualcosa del genere è già successa.
Comincio
a sentire odore di zuppa di cipolla ,di baguette e di cognac. E uno strano
profumo . Parigi 1828. Sento la voce di Garance.
FINE DEL SESTO TEMPO
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