Esattamente un anno fa, il 27 ottobre 2017, abbiamo consegnato al Parlamento le 90.000 firme raccolte con la campagna «Ero straniero – L’umanità che fa bene»
su una proposta di legge d’iniziativa popolare per cambiare le
politiche sull’immigrazione e superare la legge Bossi-Fini. Una campagna
che ha unito centinaia di realtà diverse in tutta Italia, laiche e
religiose e dato voce a quella parte del Paese che rifiuta la politica
dei muri e crede che il fenomeno migratorio vada governato tenendo
insieme legalità, diritti e coesione sociale.
A un anno di distanza, come in altre parti d’Europa, anche in Italia trovano consenso atteggiamenti di chiusura nei confronti dei migranti che legittimano politiche sempre più restrittive. In questo contesto si inserisce la proposta del governo per un «decreto sicurezza», in questi giorni al Senato per la conversione in legge.
Come realtà impegnate nel sociale e nella tutela dei diritti, siamo contrari a una gestione delle migrazioni con logiche meramente securitarie e di ordine pubblico. In particolare, ci preoccupano le proposte di abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari e il restringimento del sistema Sprar in favore dei grandi centri di accoglienza.
Per garantire sicurezza e inclusione e allo stesso tempo scongiurare forme di cattiva gestione del sistema di accoglienza nel suo complesso, consideriamo indispensabile rafforzare, e non ridurre, l’accoglienza diffusa in realtà di piccole dimensioni. Le grandi strutture collettive – luoghi di approdo, attesa, accoglienza o trattenimento – si sono dimostrate inefficaci e costose. Per questo riteniamo inaccettabile che il «decreto sicurezza» proponga di estendere ulteriormente il trattenimento delle persone nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr).
La proposta di legge di iniziativa popolare che abbiamo depositato un anno fa alla Camera dei deputati va nella direzione opposta al decreto, provando ad affrontare il fenomeno migratorio in tutta la sua complessità e si propone di superare la legge Bossi-Fini alla luce dei limiti sperimentati in questi decenni e del mutamento dei flussi nel contesto geo-politico degli anni più recenti.
Chiediamo innanzitutto forme di regolarizzazione su base individuale degli stranieri già radicati nel territorio, che abbiano legami familiari o la disponibilità di un lavoro, e misure per l’inclusione sociale e lavorativa di richiedenti asilo e rifugiati, puntando sulle politiche attive. Proponiamo canali diversificati di ingresso per lavoro, a partire dall’introduzione di un permesso di soggiorno temporaneo per ricerca lavoro per facilitare l’incontro con i datori di lavoro italiani. E ancora proponiamo di abolire il reato di clandestinità, che è ingiusto, inutile e controproducente, e di garantire l’effettiva partecipazione dei cittadini stranieri alla vita democratica dei territori col voto amministrativo.
Vogliamo rilanciare questi contenuti e offrirli alla riflessione del Parlamento, impegnato nel dibattito sul decreto «sicurezza», in modo che trovino voce le ragioni dei tanti che, come noi, credono che questo fenomeno debba essere governato attraverso una visione di prospettiva dei processi migratori e dei territori che ne sono interessati, difendendo l'idea di una società aperta, solidale e plurale, che sappia rispondere ai bisogni e alle paure di tutta la cittadinanza, senza cedere alla ferocia dei linguaggi e alloscontro sociale.
***Per il Comitato Ero straniero:
Radicali italiani, Casa della carità di Milano, A Buon Diritto, Arci, Asgi, Centro Astalli, Acli, Cild, Cnca.[31/10/2018]
A un anno di distanza, come in altre parti d’Europa, anche in Italia trovano consenso atteggiamenti di chiusura nei confronti dei migranti che legittimano politiche sempre più restrittive. In questo contesto si inserisce la proposta del governo per un «decreto sicurezza», in questi giorni al Senato per la conversione in legge.
Come realtà impegnate nel sociale e nella tutela dei diritti, siamo contrari a una gestione delle migrazioni con logiche meramente securitarie e di ordine pubblico. In particolare, ci preoccupano le proposte di abolizione del permesso di soggiorno per motivi umanitari e il restringimento del sistema Sprar in favore dei grandi centri di accoglienza.
Per garantire sicurezza e inclusione e allo stesso tempo scongiurare forme di cattiva gestione del sistema di accoglienza nel suo complesso, consideriamo indispensabile rafforzare, e non ridurre, l’accoglienza diffusa in realtà di piccole dimensioni. Le grandi strutture collettive – luoghi di approdo, attesa, accoglienza o trattenimento – si sono dimostrate inefficaci e costose. Per questo riteniamo inaccettabile che il «decreto sicurezza» proponga di estendere ulteriormente il trattenimento delle persone nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr).
La proposta di legge di iniziativa popolare che abbiamo depositato un anno fa alla Camera dei deputati va nella direzione opposta al decreto, provando ad affrontare il fenomeno migratorio in tutta la sua complessità e si propone di superare la legge Bossi-Fini alla luce dei limiti sperimentati in questi decenni e del mutamento dei flussi nel contesto geo-politico degli anni più recenti.
Chiediamo innanzitutto forme di regolarizzazione su base individuale degli stranieri già radicati nel territorio, che abbiano legami familiari o la disponibilità di un lavoro, e misure per l’inclusione sociale e lavorativa di richiedenti asilo e rifugiati, puntando sulle politiche attive. Proponiamo canali diversificati di ingresso per lavoro, a partire dall’introduzione di un permesso di soggiorno temporaneo per ricerca lavoro per facilitare l’incontro con i datori di lavoro italiani. E ancora proponiamo di abolire il reato di clandestinità, che è ingiusto, inutile e controproducente, e di garantire l’effettiva partecipazione dei cittadini stranieri alla vita democratica dei territori col voto amministrativo.
Vogliamo rilanciare questi contenuti e offrirli alla riflessione del Parlamento, impegnato nel dibattito sul decreto «sicurezza», in modo che trovino voce le ragioni dei tanti che, come noi, credono che questo fenomeno debba essere governato attraverso una visione di prospettiva dei processi migratori e dei territori che ne sono interessati, difendendo l'idea di una società aperta, solidale e plurale, che sappia rispondere ai bisogni e alle paure di tutta la cittadinanza, senza cedere alla ferocia dei linguaggi e alloscontro sociale.
***Per il Comitato Ero straniero:
Radicali italiani, Casa della carità di Milano, A Buon Diritto, Arci, Asgi, Centro Astalli, Acli, Cild, Cnca.[31/10/2018]