QUARTO TEMPO
Però,
gira e rigira, guarda un po’ dove si arriva chiacchierando di musica e di
poesia.
Meglio
forse tornare al “misogino” Sergio Leone ( che però ha avuto la delicatezza di
farmi conoscere il Cantico) e ricordarsi che nell’altro sui film “mitologico”
ovvero “C’era una volta il West” ha reso protagonista, a tutti gli effetti,
caso unico nel western ( ma non è del tutto vero, come vedremo), proprio una
donna, l’unica vera protagonista del suo
cinema, Jill/Claudia Cardinale. Ma è stato proprio lui? No, naturalmente. E’
stato un giovanotto, allora di belle speranze, che si chiama Bernardo
Bertolucci. Ed è esilarante leggere come Leone aveva in mente di trattare
inizialmente il personaggio e come poi Bertolucci l'ha convinto a renderla di
fatto protagonista a tutti gli effetti.. Ma chi è Jill ? Jill è la più famosa
puttana di New Orleans che riesce a trasformarsi in pioniera e donna d'affari e
a simboleggiare il "temuto" avvento della civiltà. E non scandalizzi
il fatto che sia una puttana. "C'era una volta il West" è, tanto
quanto "C'era una volta in America", un lungo discorso sulla morte
del mito e l'eroina del West, così come la Claire Trevor/Dallas di Ombre
rosse peraltro ispirata a "Palla di
sego"di Maupassant, o è una pioniera o è appunto come Jill. Ma c'è
qualcosa di più perché, modernamente, Jill è molto più autocosciente di Dallas.
Ha qualcosa della Vienna di "Johnny Guitar" di Nicholas Ray. E' un personaggio mitologico e non solo del mito
del West. Della mitologia biblica. Una
Giuditta ( e la Cardinale in quel bellissimo film sulla rivoluzione
messicana di Richard Brooks che si
chiama "I professionisti", aveva interpretato un personaggio analogo
anche se non in versione "futura capitalista" ma
"rivoluzionaria"). Una donna che usa tutte le armi di cui può
disporre in una civiltà dominata dal "maschile", innanzitutto per
sopravvivere. E l'arma principale di cui dispone è proprio la sessualità. Una sessualità adulta,
che affascina gli uomini ma li spaventa anche molto, come abbiamo già detto.
Tutti e tre i protagonisti del film in qualche modo la amano ma lei è
necessariamente destinata a rimanere sola. E loro, i maschi, a continuare a
giocare con i loro treni e trenini.
Su
questo due piccole considerazioni. La prima assai personale: io non ho mai
nemmeno avuto un trenino. La seconda più oggettiva: il rapporto tra dimensioni
della città e negozi di trenini a Basilea è assolutamente sbilanciato a favore
di questi ultimi. Che questo abbia un particolare significato, quantomeno per
gli svizzeri?
E’
curioso come discorsi analoghi – il falso potere dei maschi, la loro reale
paura - li faccia, in quel piccolo
capolavoro di quest'anno che è "Venere in pelliccia", Roman Polansky.
Che ambienta il suo dialogo moderno su
Masoch in un teatrino parigino in cui i due protagonisti si muovono e
recitano su un palcoscenico in cui vi sono ancora le scenografie dello
spettacolo precedente, che era una versione teatrale di "Ombre
rosse". Per cui con un effetto
surreale ed esilarante ci si muove tra i cactus e avendo sullo sfondo i
pinnacoli rossi della Monument Valley di John Ford. La stessa Monument Valley
che con effetto, questa volta, di straordinaria suggestione appare
all'improvviso a Claudia Cardinale mentre viaggia nella prateria su un calesse
guidato da ... Paolo Stoppa.
E
spostiamoci anche noi lì perché da lì, facendo una piccolissima tappa a New
York, si torna a casa o quasi, precisamente a Padova e a Venezia.
FINE DEL QUARTO TEMPO
QUINTO TEMPO
Claudia
Cardinale e Paolo Stoppa, don Calogero e Angelica Sedara, arrivano direttamente
dall'unico vero western girato da un italiano "Il Gattopardo" di
Luchino Visconti e in "C'era una volta il West" ci stanno benissimo
perchè, ma questo lo si è capito molto dopo, Leone e Visconti condividono un
tratto peculiare del miglior cinema italiano quello di essere
contemporaneamente raffinati e popolari o, se preferite, sublimi e triviali.
Con le ovvie differenze che vi sono tra un cinefilo trasteverino e un principe
melomane milanese intriso di Proust ( e però C'era una volta in America non si
apre forse con una frase della Recherce recitata da un gangster?) e le
simiglianze con un certo Bernardo parmigiano figlio di poeta.
Il
cinema di tutti e tre fa irresistibilmente venire in mente una vecchia battuta di Toscanini che agli
orchestrali del Metropolitan di New York che non riuscivano a rendere
soddisfacente l'ouverture del "Trovatore" sembra abbia urlato
"Dateci dentro, signori ... Siate volgari!".
Uno
dei tratti di sublime volgarità del cinema di Leone è indubbiamente l'uso della
colonna sonora e la collaborazione con quell'altro personaggio geniale che è
Ennio Morricone. A lui si devono alcune ridondanze ma anche i momenti più
lirici del cinema leoniano.
La
cosa buffa è che a me Morricone eseguito da Morricone non piace quasi mai. Mi
piace molto eseguito da altri. In particolare - New York - si deve ricordare il
CD "The big gundown" (titolo americano di “La resa dei conti”
western di Sergio Sollima) sentito
omaggio a Morricone - che apprezzò molto -
di ....... John Zorn in veste di
solista di sax e arrangiatore che frulla con tempi velocissimi noise, jazz,
kletzmer, punk, hard rock e reincide 16
brani tratti da colonne sonore non tutte ovviamente di film di Leone.
Un
omaggio altrettanto sentito anche se assolutamente filologico lo fa un grande
musicista veneto, un batterista jazz , Zeno De Rossi che, in apertura a un
album intitolato SHTIK( שטיק ) incide un pezzo composto per C'era
una volta in America ma escluso al montaggio finale. Shtik è un termine yiddish
che significa più o meno numero eseguito da un comico, sketch. L'album,
peraltro, è un dichiarato omaggio a tutta la cultura, musicale e non solo,
ebraica e si apparenta idealmente con i vari collettivi di Zorn. Ma De Rossi ha
fatto ben di più ha fondato insieme all’amico bassista Danilo Gallo un
collettivo musicale e una etichetta indipendente che si chiama EL GALLO ROJO (
grande passione anche per il Messico) , la nostra Tzadik, che riunisce in
cooperativa alcuni dei più talentuosi giovani jazzisti italiani oltre al decano D’Andrea. Un altro album che
mi piace ricordare è uno dei primi
dell’etichetta intitolato “Treyf
1929” e inciso da un gruppo che si chiama
Meshuge Klezmer Band . Il repertorio è musica kletzmer americana degli
anni ’20. La cosa che può forse interessare è che ci suona la fisarmonica un
conterraneo, da tempo convertitosi, che si chiama Andrea Ranzato e che, forse, qualcuno ricorderà.
Insomma
questi del Gallo Rojo sono proprio bravi. Ai primi dell’anno scorso, a Padova,
hanno festeggiato il decennale dell’etichetta esibendosi tutti con un pezzo a
testa. E’ stata una serata memorabile.
Una
serata memorabile che ci guida in una delle zone più belle di Padova, in
ghetto. E che cosa troviamo in ghetto ? Troviamo una vecchia e assai
raccomandabile trattoria che si chiama “L’Anfora” famosa per aringhe, trippa,
baccalà e bigoli ma soprattutto per essere stata la base padovana di Carlo
Mazzacurati quando tornava da Roma.
Era
un bel personaggio Mazzacurati che avevo conosciuto ( senza che lui lo sapesse
e questa è veramente un'altra storia che, se a qualcuno interessa, racconterò a
voce) prima del suo esordio come regista. E il bello è che il suo cinema non mi
ha mai convinto, troppo gentile, un po' esangue, poco "visivo". Salvo
l'ultimo "La sedia della felicità" che mi è parso bello e struggente
e in cui la sua capacità di essere delicato, il suo humour sotto le righe,
hanno trovato una loro piena ragion d'essere. Affrontare la morte circondato
dagli amici e dal "suo" paesaggio, brutto o bello che fosse, e
soprattutto raccontare una storia d'amore, seppur sui generis, di fronte alla
morte. Che grande lezione.
Il
film, peraltro, ha un'origine letteraria assai consona a queste righe. E'
liberamente tratto, infatti, da "Il mistero delle 12 sedie"
romanzo farsesco sovietico scritto nel
1928 da da Il'ja Arnol'dovi Il'f ed
Evgenij Petrovi Petrov. I due erano di Odessa,
Il'ja Arnol'dovi Il'f era anche ebreo e il romanzo assai comico è sempre
stato considerato sorprendente dato il momento storico, l'inizio delle purghe
staliniane, in cui era stato scritto. Oltretutto ebbe un grandissimo successo.
Che
sia un "canovaccio" straordinario lo dimostra, in ogni caso il fatto
che ha avuto altre due riduzioni cinematografiche, una di Mel Brooks e una, con
il titolo di "Una su 13", italiana e che viene ricordata soprattutto
per essere stato l'ultimo film interpretato da Sharon Tate ( con Gassman e
Orson Welles) prima della strage di Bel Air .
Sono due commediacce, in verità. Mentre il film di Mazzacurati, dove si ride
anche molto, è anche una lieve storia d'amore che nel suo svolgimento un po'
favolistico mi ricorda un po' il su richiamato Sholem Aleichem..
Insomma
a girar per ghetti si scoprono sempre un sacco di cose.
Il
mio preferito, in Veneto, è quello di
Venezia. Lo so, è scontato.
Però,
se ci andate all'imbrunire, se vi sedete su una panchina in Campo di Ghetto
nuovo e chiudete gli occhi è facile che sentiate lo scalpiccio dei piedi della
contessa Livia Serpieri che sta andando a raggiungere il suo amante, il giovane
ufficiale austriaco Franz Mahler. Che,poi, tradita, farà fucilare.
Siamo
entrati in "Senso" di Luchino Visconti ove amore, passione, morte e
grande musica si sprecano. Penso sia a tutte noto, per cui non lo riassumo,
anche se val la pena di dare un’occhiata alla novella di Camillo Boito da cui è
tratto che ha pregi del tutto autonomi. Molto più “secca” e cinica, ad
esempio.
FINE DEL QUINTO TEMPO
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