lunedì 9 agosto 2021

"Orizzonti perduti, orizzonti ritrovati» Eric Salerno

 


Se il giornalismo rimane anche un mestiere che si «ruba» Eric Salerno ci invita a farlo pescando nei suoi ricordi di viaggio rivisti e aggiornati con l’attualità più stretta, una belva feroce e incalzante, tra guerre e massacri, che interpreta e quasi «addomestica» per farla comprendere al meglio. Il lettore si diverte e riflette, mentre il giornalista frettoloso che deve scrivere un pezzo di Africa, Medio Oriente, Asia, trova sicuramente qualche spunto per un articolo. Insomma nessuno butta via il suo tempo ascoltando questi racconti sapientemente giocati tra passato e presente.

IL SUO È UN GIRO del mondo, nella storia, anche quella più antica, e nel presente, in poco più di 200 pagine. Orizzonti perduti, orizzonti ritrovati (Il Saggiatore, pp. 232, euro 22), è l’ultimo libro del giornalista, scrittore e inviato di guerra Eric Salerno: una sorta di guida ai suoi libri precedenti e ai reportage presentata in forma di racconto quasi colloquiale ma precisa fino al dettaglio. E chi ha la fortuna di conoscerlo può sentirne persino la voce e assaporarne le pause intriganti.
Non meraviglia che l’autore ci consegni una sorta di manuale per interpretare passato e presente – lo ha sempre fatto molto bene sia che scrivesse di Medio Oriente o del colonialismo italiano _ ma forse qualcuno rimarrà sorpreso nel sapere che è stato il primo, sicuramente tra gli italiani, a dare alle stampe alcuni decenni fa una Guida per il Sahara. Che un po’ tutti abbiamo saccheggiato per orientarci tra Algeria, Marocco, Mali, Senegal, Mauritania, Chad, Camerun e Sahel in generale, dove già ti perdi soltanto guardando la mappa, inseguendo confini reali e fittizi.
Così quando partiamo per questo viaggio sappiamo di essere in buone mani, e assai esperte. Con una storia personale alle spalle per questo ragazzo che viene dal Bronx, come in ogni film americano che si rispetti. Con una variazione non da poco sul tema: suo padre e sua madre comunisti a New York, tenuti d’occhio dagli agenti e infine espulsi nel dopoguerra, con lui, seduto su un carretto che innalza, bambino, un cartello di protesta sul molo del porto. Si ricomincia da un altro suo libro Rossi a Manhattan, per tornare ancora nel Bronx, più volte e in diverse epoche, per scoprire come è cambiata New York. Quando fa paura anche scendere dal taxi per rivedere la casa e la scuola dell’infanzia o per tornarci qualche anno dopo e scoprire che la gente lì vive pure bene. Ma sempre con la paura.

RICORDANDO una frase di Vance Packard: «Abbiamo il paradosso di una società che invia uomini sulla Luna mentre milioni di residenti nelle sue città non osano camminare soli di notte nelle strade e o nei parchi vicini alle loro case».
Soprattutto, ci sono le piste nel deserto, le tracce effimere ma affidabili percorse nei millenni da viaggiatori berberi, tuareg e occidentali. Ecco gli «orizzonti perduti», rotte che non si possono più percorrere tra il Sahel e il Sahara, costellate di avamposti militari impegnati contro i jihadisti e talvolta nella lotta ai trafficanti di essere umani. Oggi in certi luoghi del Sahara si arriva solo in aereo, non con un’ansimante Giulia bianca, moglie e due figli, come fece Eric Salerno tanto tempo fa. L’autostrada del deserto, faticosamente asfaltata negli anni Settanta, se l’è in gran parte ripresa la natura. Dune, voragini, acacie con spine capaci di bucare un pneumatico, l’hanno resa impraticabile. E fuori dalle oasi, dove un tempo la gente accoglieva Salerno con pasti caldi e giacigli ospitali, senza scorta non si esce: troppi attentati, rapimenti e richieste di riscatto. I confini degli stati sono crollati. È qui che l’autore comincia a riscrivere e aggiornare la sua guida del Sahara e del Sahel dove a Niamey stanno per mettere in piedi una consistente base militare anche gli italiani.
Poi, naturalmente, ci sono frontiere che cambiano, che si fanno sempre più profonde, definite e sanguinanti. Quaranta anni fa quando Eric arriva la prima volta a Gaza il confine esisteva solo sulla carta mentre gli israeliani facevano spese nella Striscia dove frutta e verdura costavano meno che sotto casa. Oggi ci sono il Muro, che si è rubato la terra dei palestinesi, reticolati elettrificati, uno slalom tra check point e blocchi di cemento, tra divieti e soprusi che ha portato diritto anche alla guerra di quest’anno, con altri morti e altre distruzioni.

MA CI SONO ANCHE gli orizzonti ritrovati. Il Sud asiatico non puzza più di napalm, quell’odore che inebriava il colonnello americano di Apocalypse Now. Sul delta del Mekong le canoe dee turisti _ oggi interrotte dal Covid – torneranno a incolonnarsi disciplinatamente, così come si affolleranno di nuovo gli stabilimenti balneari sul Mar Rosso, forse uno degli esempi più eclatanti del turismo mordi e fuggi, volutamente ignaro delle violenze che si compiono a pochi chilometri di distanza.
Eric Salerno ha cominciato presto a girare e capire il mondo, direi fin dall’infanzia cacciato da quel Bronx che il maccartismo voleva ripulire dai comunisti. Poi da inviato sono arrivate le botte, quelle vere, i pericoli scampati, la paura in guerra con i fucili puntati nello stomaco: tutto comunque ha fatto molto meno male di quel rifiuto subito nell’infanzia.
Si viaggia soprattutto con l’anima, l’unico vero bagaglio che ci portiamo dietro fino alla fine sulla terra. Come ammonisce un cartello sull’Uluru, la montagna sacra degli aborigeni australiani: «Calpestate con leggerezza».

 [Alberto Negri  10/08/21]

Commenti

il 12/08 SR ha commentato Non credo che D'Avenia possa far parte del nostro blog. Certo i suoi libri sono best-sellers tra gli adolescenti, e probabilmente hanno il merito di avviare qualche giovane alla lettura, ma la banalità delle situazioni e del linguaggio non permettono di considerare questi testi letteratura. Diciamo che sono testi "di servizio", nella migliore delle ipotesi. su Prossimamente
il 14/05 SR ha commentato Purtroppo J.K.J. non sembra più funzionare con le ultime generazioni: un tentativo di leggere a scuola Three Men In a Boat è finito miseramente in noia. I ragazzi non capivano cosa c'era da ridere e io non capivo perché non capivano. Tristissimo. Jerome per me è finito in quell'armadio dove tengo gli autori speciali che voglio proteggere dagli studenti... su Jerome K. Jerome, fare ridere l’uomo moderno, spaventato
il 29/02 Ida ha commentato A proposito di classifiche: "Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove." Anch'io,come U.ECO sono andata al cinema nel modo ricordato e quindi io amo ricordare e vorrei tanto poter fare liste di su Chi siamo
il 28/02 Ida ha commentato Grazie Roberta per aver riaperto il blog.Trovo che è un modo per uscire dalla solitudine delle letture personali.Scrivere e leggere accanto, trovo che è un bel modo per parlarci e parlarmi. su Chi siamo