SETTIMO TEMPO
"Les
Enfants du Paradis" di Marcel Carnè, anno 1945, è tantissime cose. E'
"un'opera mondo". E' cinema e riflessione sul cinema, sia muto che
sonoro, è teatro, è storia ( tutti i personaggi sono realmente esistiti, a
parte Garance), è riflessione sull'identità, è grande spettacolo ... Per quanto
riguarda questa nota è il più bel film d’amore e sull'amore che sia mai stato
girato. Ed è ancor oggi, a distanza di 45 anni dalla prima volta che l'ho
visto, il mio film preferito. Potrei scriverne per pagine , ma state
tranquille... solo qualche cenno.
Il
film ruota tutto intorno alla figura di Garance, incarnata dalla splendida e
grandissima Arletty. Garance è una
delle prime figure di donna veramente
libere e indipendenti della Storia del
cinema ( potrei anche dire la prima ma non è che ho visto proprio tutto). Non
ha nulla della cupezza e del senso di perdizione che comunque si portano dietro
le sue antenate dell’Espressionismo
tedesco o le coeve dark ladies
americane. E’ ancor oggi moderna. C’è una grande franchezza nel suo comportamento e un raro
gusto per la vita e la libertà personale, anche nei momenti più melodrammatici.
Non c’è mai colpa. E se anche a metà della storia cede alla corte del conte e
ne diviene la mantenuta lo fa per proteggersi da una falsa accusa che la
porterebbe in prigione e quasi per una sorta di ricerca, da parte degli autori, del realismo:
è comunque una donna povera e sola nella Parigi di Luigi Filippo. Garance è amata dal mimo Baptiste, dall’attore
Lemaitre, dal bandito Lacenaire e dal conte De montray e i rapporti con i
quattro personaggi descrivono l'amore in tutte le sue forme: l'amore
spirituale, l'amore coniugale, l'amore fisico, l'amore intellettuale, l'amore
comprato, l'amore passionale. Per concludere con la battuta: "L'amore è
semplice". Che non si sa quanto ironica. E, peraltro il finale …. non ve lo racconto. Vi dico solo che è
anch’esso assai moderno e rispetta , per
così dire, il flusso della vita.
Un
"Cantico dei cantici" al cinema ? Un miracolo del cinema.
Un
miracolo che fu possibile per l'unione di una serie grandissima di talenti. Gli
attori, oltre ad Arletty, Jean Louis Barrault, Pierre Brasseur, Marcel Herrand,
Maria Casares, Gaston Modot, Pierre Renoir,
il compositore delle musiche, Josef Kosma, lo scenografo, Alexander
Trauner (la Parigi dell' 800 tutta
ricostruita in studio), ovviamente il regista. Moltissimo lo sceneggiatore, un
tale Jacques Prevert .
Il
sodalizio Carnè - Prevert è uno dei più importanti della storia del cinema.
Hanno"inventato" insieme a Jean Renoir, ma loro in modo più
accentuato, il c.d. "Realismo poetico", il cinema francese degli
anni'30. Il che significa anche "Ossessione" di Visconti.
Ma
se l'apporto di Carnè è, naturalmente , fondamentale, la riflessione sull'amore
che qui ci interessa è molto prevertiana. Il poeta parlò del film anche come di
una sorta di autobiografia. E Parlare di
Prevert ci porta dentro anche le Avanguardie artistiche. I Surrealisti. L'amor
fou di Breton. Due amanti che
volano sopra i Giardini del Lussemburgo.
Prevert,
il poeta dell'amore. Chissà se i ragazzi oggi lo leggono ancora.
Prevert
che, nonostante il suo surrealismo, cantava l'amore per la donna come un
trovatore del '300.
Come
se Freud non fosse mai esistito. Moderno perché antico.
Prevert
anche grande artista popolare. Artista della contaminazione tra alto e basso.
Come Leone, come Visconti.
Osservava
giustamente lo scrittore Nico Orengo che
in fondo, per la sua generazione, i versi di Prevert musicati da Josef Kosma
erano quello che erano stati i Beatles
per la generazione successiva. E che so Lou Reed, Prince o ….. i Beatles per la
mia.
Le
canzoni di Kosma - Prevert, già. Le foglie morte anzi Les Feuilles Mortes.
Lo
sapevate che è stato Miles Davis il
primo ad intuire che Les Feuilles
Mortes - che era stata cantata la prima volta da Yves Montand nell'ultimo
film della collaborazione Carnè - Prevert "Mentre Parigi dorme" e poi
ripresa in America con il titolo Autumn leaves con versi di Johnny
Mercer e cantata da Nat King Cole in un film di Robert Aldrich intitolato
"Foglie d'autunno"- poteva diventare, come è diventata, uno standard
jazz?
E
per Miles quella musica e quei i versi
dovevano suonare in un modo del tutto particolare essendo stato protagonista di
uno dei grandi amori, parigini esistenzialisti e infelici, degli anni '50 quello con Juliette
Greco. ( per inciso mentre dell'amore del padrone per lo schiavo abbiamo
ampiamente trattato, ci sarebbe tutto un discorso da fare sul rapporto fra uomo
nero - forse un po' stufo delle attenzioni del padrone - e donna bianca, ma tralascio).
La
Parigi degli anni ’50: Boris Vian, Camus, Sartre, Simon de Beauvoir, la giovane
Jeanne Moreau, Edith Piaf ……
Una
particolare attenzione a quei climi e a quelle atmosfere la dedica da anni
quella splendida chanteuse che
risponde al nome di Ute Lemper.
La
Lemper austriaca si è affermata, inizialmente, reinterpretando il canzoniere
della coppia Kurt Weill – Bertolt Brecht, poi le canzoni del Kabarett tedesco
degli anni ’20, poi la canzone francese e le musiche di Piazzolla. Insomma un
repertorio di quella che possiamo definire canzone d’arte, un po’ cantata un
po’ recitata. La cui origine è nella Berlino degli anni’20 e nella Parigi degli
anni ’30. Nel 1992 ha inciso una sorta di "album – manifesto"
ILLUSIONS in cui alterna canzoni francesi, ci sono ovviamente anche le foglie
morte, e le canzoni del repertorio di
Marlene Dietrich, composte dal grande musicista ebreo Friedrich Hollander che
l’accompagnava dai tempi de “L’angelo azzurro” e l’aveva, fortunatamente,
seguita in America.
Grande
fascinosa ironica Marlene. Adesso bisognerebbe parlare di lei, dell’ Angelo
azzurro, di Lola Lola e da Lola sarebbe facile scivolare a Lulu, a Louise
Brooks(zowyc). Oggi che Lulu è ritornata di attualità in maniera ironico
critica con “Venere in pelliccia” di
Polanski e in maniera ironico sadico critica con “Nimphomaniac” di Lars Von
Trier ( ma quando mai Lulu, in verità, è passata di moda?). E parlando di loro
come tacere di Joseph Von Sternberg e di Georg W. Pabst, i registi che le
amarono e le crearono ( o furono creati
da loro?). Bisognerebbe parlare delle Muse .Di Jean Luc e Anna, di Roberto e
Ingrid, di Michelangelo e Monica, di Zang e Gong, di Quentin e Uma , di Orson e
Rita, di Rainer Werner e Anna, di Roman e Emanuelle. Ma penso sarebbe un po’
troppo per me e soprattutto per voi ( a Lulu però vorrei tornare tra
letteratura, musica e cinema con uno scritto apposito).
Per
cui mi limiterò a chiudere queste note con i versi con cui si apre e si chiude
“L’angelo azzurro” : Ich bin von kopf bis fuß/ auf liebe
eingestellt/ Denn das ist meine welt/ und sonstgar nichts! ( Sono fatta per l’amore/dalla testa ai
piedi/perché questo è il mio mondo/ e non c’è nient’altro ! ).
THE END
Rovigo,
in alcune notti del maggio 2014
Andrea Tincani
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