martedì 8 dicembre 2015

Il panettone non bastò, Dino Buzzati


La premessa necessaria da fare è che Dino Buzzati non era un grande amante del Natale nonostante lo trascorresse come molti italiani con la sua famiglia d’origine ogni anno, perché essendo giornalista, (collaborò per tanti anni a numerose testate tra cui "Il Corriere della sera") lo considerava un giorno di lavoro come tanti. Nei 33 scritti, racconti e fiabe natalizie di Dino Buzzati, raccolti ora negli Oscar Mondadori, c’è lo strano rapporto col 25 dicembre, e con i suoi riti, dello scrittore-giornalista che amava passare la notte della vigilia al tavolo di redazione del Corriere, ma era troppo tradizionalista per non rispettare poche ore dopo il più classico appuntamento delle famiglie italiane.
Molte pagine echeggiano la cronaca della trasformazione vissuta negli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta dal grande inviato: la Milano bombardata, gli ultimi giorni di Salò, la criminalità del dopoguerra, il miracolo economico che trasformò la festa in un “incantesimo pianificato”, fino alla contestazione del ’68: «Il solito albero? a Mao assolutamente non piace».
Il tono generale è sospeso tra il fantastico e il fiabesco, come richiede un genere che risale a Dickens
(l’avaro Scrooge compare in un remake sul transatlantico Michelangelo) e in coerenza con tutta l’opera, scritta e dipinta, dell’autore. Dappertutto c’è un tocco di magia e un sapore d’antico. Ma l’oleografia è evitata dalle storie di un’umanità dolente per la quale “il panettone non basta” (il racconto che dà il titolo al libro): come le donne abbandonate o in attesa dell’amato che non si fa vivo, come i passeggeri del Dc 3 che non torneranno a casa.
Soprattutto negli ultimi racconti si avverte un Buzzati scontento: la festa riemersa dalle macerie della guerra gli appare trasformata. Natale è passato. Riposo!, Troppo Natale, La tecnica dei regali è piuttosto in ribasso testimoniano il rimpianto per un’epoca in cui gli alberi da decorare non erano di plastica, i padri (non le madri, l’impresa richiedeva “doti maschili”) preparavano il presepio nella notte e la decorosa ricorrenza cattolico-borghese rispettava i ritmi di sempre. Nella rivoluzione delle quiete abitudini di una volta, Buzzati intravede la fine del mondo che amava: soprannaturale, favoloso, fiabesco. E la vive come una specie di incubo. Ci sono consigli educativi per i genitori e un invito a continuare a leggere e raccontare storie anche fantasiose ai loro figli, per non inaridire le loro menti rendendoli da grandi incapaci di usare la creatività e l’immaginazione e quindi persone tristi e incapaci di inseguire i loro sogni. C’è la ricerca della spiritualità nel racconto di un sacerdote in crisi mistica, che vuole ritrovare lo "spirito del Natale". La tenerezza e l’amore di una tata nel suo modo di cucinare e in particolare nella preparazione del suo dolce nel racconto "Una torta e una carezza". Dino Buzzati non ci nasconde tuttavia l’amarezza della vita e ci sono testi in cui non c’è spazio per i buoni sentimenti e prevale il dolore.
L’autore riesce a esprimere tutta la sua creatività, il suo amore per la vita e la sua sensibilità nelle pagine di questo libro, facendoci vedere il Natale da tante prospettive diverse e ogni testo non è mai banale, prevedibile, caratterizzato da luoghi comuni bensì c’è una continua ricerca di quei valori che non hanno età che da sempre l’uomo va ricercando, come la felicità, la pace e la spiritualità. 
L’Italia in cui è vissuto l’autore da adulto, quella cioè a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta e solo l’inizio dei Settanta, stava subendo delle profonde trasformazioni di carattere economico, sociale e di conseguenza culturale e nel raccontarcele Dino Buzzati ci svela la sua preoccupazione, i suoi timori e i suoi dubbi in proposito. Il racconto sincero di un uomo che ha vissuto tante esperienze tra cui quella della guerra e quindi conosce il dolore e la sofferenza e proprio a questo tema è dedicato il racconto che dà il titolo alla raccolta. 
La sensazione che trasmette la lettura di questo libro, che contiene tantissime riflessioni sul Natale spesso anche contrastanti tra loro, è di speranza nonostante tutto. C’è poesia, c’è mistero, c’è magia e tanto altro in quest’opera che aiuta davvero a preparare tutti, cristiani e non, al Natale, perché ci pone davanti degli interrogativi cui siamo chiamati a rispondere nella nostra vita, senza nasconderci ma con la sincerità e la capacità di analizzare la realtà del nostro tempo senza paura, ma con la speranza di chi come l’autore non può fare a meno di continuare a credere che questa festa meravigliosa possa cambiare la nostra esistenza.

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Commenti

il 12/08 SR ha commentato Non credo che D'Avenia possa far parte del nostro blog. Certo i suoi libri sono best-sellers tra gli adolescenti, e probabilmente hanno il merito di avviare qualche giovane alla lettura, ma la banalità delle situazioni e del linguaggio non permettono di considerare questi testi letteratura. Diciamo che sono testi "di servizio", nella migliore delle ipotesi. su Prossimamente
il 14/05 SR ha commentato Purtroppo J.K.J. non sembra più funzionare con le ultime generazioni: un tentativo di leggere a scuola Three Men In a Boat è finito miseramente in noia. I ragazzi non capivano cosa c'era da ridere e io non capivo perché non capivano. Tristissimo. Jerome per me è finito in quell'armadio dove tengo gli autori speciali che voglio proteggere dagli studenti... su Jerome K. Jerome, fare ridere l’uomo moderno, spaventato
il 29/02 Ida ha commentato A proposito di classifiche: "Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove." Anch'io,come U.ECO sono andata al cinema nel modo ricordato e quindi io amo ricordare e vorrei tanto poter fare liste di su Chi siamo
il 28/02 Ida ha commentato Grazie Roberta per aver riaperto il blog.Trovo che è un modo per uscire dalla solitudine delle letture personali.Scrivere e leggere accanto, trovo che è un bel modo per parlarci e parlarmi. su Chi siamo