Stefan Hertmans, “L’ascesa”
Il libro tratta un tema storicamente scomodo: il collaborazionismo di una parte dei nazionalisti fiamminghi che durante l’ occupazione tedesca nella seconda guerra mondiale divennero di fatto nazisti. In particolare si narra la vicenda di Willem Verhulst e della sua famiglia. La prospettiva della narrazione però è diversa : l’autore afferma di voler fare la storia di una casa e non di un nazista. La casa è quella abitata da Verhulst a Gent negli anni della sua “ascesa”, appunto in quanto collaborazionista, che viene poi acquistata alla fine degli anni ’70 dall’autore, totalmente ignaro per tanto tempo della storia che era passata attraverso quelle mura. Hertmans è un ammiratore di Sebald, e come lui crea un testo che intreccia generi diversi: il romanzo storico, l’autobiografia, il resoconto documentario e, non di poca importanza, il documento fotografico. Si alternano nel libro capitoli in cui si descrive il primo impatto dell’autore con la casa, la visita delle stanze insieme al notaio incaricato della vendita, a capitoli che ricostruiscono la vicenda biografica di Willem Verhulst, dall’infanzia, all’età adulta, attraverso i due matrimoni, il lavoro, l’impegno politico, gli sconvolgimenti della guerra, la resa dei conti ( parziale) del dopoguerra. Il dramma non è solo individuale, ma in primo luogo della famiglia: della moglie, degli figli, divisi tra dolore e rancore, tentativi di spiegazione e giustificazioni, rimozioni; sullo sfondo il dramma collettivo. Una figura che spicca particolarmente è quella della seconda moglie, Mientije, l’olandese, che cerca di difendere la sua famiglia, ma anche la sua dignità e la sua libertà di pensiero. Il protagonista invece è un uomo meschino, che mente sempre, tradisce la moglie in modo plateale, si nasconde dietro ad altri più potenti di lui e rifiuta di vedere il male che provoca: chiuso nel suo ufficio, pare non essere scalfito dalle conseguenze delle liste di persone da lui denunciate ai nazisti . L’autore sembra voler spiegare (senza togliere responsabilità) da dove nasca tanto male raccontando la difficile formazione di Wim.
In ogni caso Verhulst e tutti gli altri collaborazionisti non si pentono mai di quanto hanno commesso e la Storia sembra passare su di loro lasciando intatte le loro convinzioni e i loro fanatismi
L’autore ha vissuto per 20 anni nella casa del quartiere di Patershol, a Gent, senza sapere nulla dei precedenti inquilini, senza cogliere velate allusioni, segni del suo passato, senza fare indagini. Così si può ignorare in generale il passato, si può evitare di vedere, di porsi domande, e lasciare che le cose vivano solo del presente e del nostro limitato vissuto personale. La presa di coscienza può essere sconvolgente, dilaniante, ma fa luce a spiega. Tutto assume un significato diverso e più profondo. La presa di coscienza accelera il processo di conoscenza perché accende la curiosità. Mi sembra anche questo un tema importante che lo scrittore ha voluto trattare nel ricostruire le vicende del passato belga, e fiammingo in particolare, attraverso un caso emblematico
Rossella