sabato 22 aprile 2017

Wonder R.J. Palacio

Alla fiera milanese Tempo di libri, c’era anche la scrittrice R.J. Palacio, che ha al suo attivo una serie di romanzi di cui il capostipite è Wonder (in Italia pubblicato da Giunti), sei milioni di copie vendute, tradotto in 47 paesi e un film in arrivo: a novembre in America per la regia di Stephen Chbosky, con Julia Roberts, Jacob Tremblay, Owen Wilson, e nel 2018 sui nostri schermi.
Dopo le avventure del protagonista Auggie, affetto dalle sindrome di Treacher Collins, che ne deforma i tratti del volto (procurandogli non pochi problemi di socializzazione a scuola e una serie di colpi da schivare), sono seguiti i libri dedicati ai suoi amici/nemici: Julian, Christopher e Charlotte (sempre per Giunti). Palacio, pseudonimo di Raquel Jaramillo – ha origini colombiane – ha esordito nella letteratura per ragazzi con questa storia-metafora della diversità, che attraversa l’adolescenza facendo saltare gli steccati che proteggono il concetto di «normalità».
Perché dopo «Wonder» ha deciso di raccontare la storia da differenti punti di vista? Le emozioni di Auggie non erano sufficienti?
I personaggi del mondo di Wonder sono molto diversi fra loro. Rappresentano la quotidianità di New York, la mia città. Lì le geografie sono molteplici; se si sale su una metropolitana, ci si può trovare insieme a persone provenienti da una cinquantina di paesi differenti, fianco a fianco. È un bella sensazione. Ho scelto di raccontare la storia da più punti di vista perché il mio obiettivo era narrare la vicenda esistenziale completa di Auggie, e questo includeva il suo impatto sugli altri, ho dovuto tener conto anche dei pensieri di chi gli era vicino.
Come è arrivata alla scrittura?
Sono sempre stata una scrittrice segreta e, soprattutto, un’avida lettrice. La mia carriera mi ha portato su un percorso differente per molti anni, ma non mi sono mai allontanata realmente dalla scrittura e non ho mai perso l’ambizione della mia prima infanzia. Credo che stessi solo aspettando il libro giusto, quello che mi avrebbe colpita.
Qual è, secondo lei, la maggiore difficoltà che può incontrare oggi l’editoria per i lettori più giovani?
Non sono sicura che ci siano davvero tali difficoltà. Negli Stati Uniti, almeno, la letteratura per l’infanzia e l’adolescenza finalmente sta ricevendo il rispetto che merita. I libri per bambini sono i più resistenti, in termini di volumi stampati: i genitori sembrano voler continuare a comprare libri fisici, oggetti «tangibili» per i propri figli, in cui le pagine si possano girare. È un’esperienza diversa rispetto alla lettura in e-book, che ha comunque un suo fascino.
Penso che la letteratura per l’infanzia sia diventata meravigliosamente di tendenza: gli adulti si rendono conto che possono trovare non solo una ottima scrittura, ma anche grandi storie, grandi narrazioni, grandi argomenti. E ogni racconto può essere, allo stesso tempo, popolare e «alta letteratura»
 [Arianna Di Genova 22/04/2017]

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Commenti

il 12/08 SR ha commentato Non credo che D'Avenia possa far parte del nostro blog. Certo i suoi libri sono best-sellers tra gli adolescenti, e probabilmente hanno il merito di avviare qualche giovane alla lettura, ma la banalità delle situazioni e del linguaggio non permettono di considerare questi testi letteratura. Diciamo che sono testi "di servizio", nella migliore delle ipotesi. su Prossimamente
il 14/05 SR ha commentato Purtroppo J.K.J. non sembra più funzionare con le ultime generazioni: un tentativo di leggere a scuola Three Men In a Boat è finito miseramente in noia. I ragazzi non capivano cosa c'era da ridere e io non capivo perché non capivano. Tristissimo. Jerome per me è finito in quell'armadio dove tengo gli autori speciali che voglio proteggere dagli studenti... su Jerome K. Jerome, fare ridere l’uomo moderno, spaventato
il 29/02 Ida ha commentato A proposito di classifiche: "Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove." Anch'io,come U.ECO sono andata al cinema nel modo ricordato e quindi io amo ricordare e vorrei tanto poter fare liste di su Chi siamo
il 28/02 Ida ha commentato Grazie Roberta per aver riaperto il blog.Trovo che è un modo per uscire dalla solitudine delle letture personali.Scrivere e leggere accanto, trovo che è un bel modo per parlarci e parlarmi. su Chi siamo