La dimensione globale delle
battaglie transnazionali degli afroamericani, uomini e donne, viene
indicata negli studi più recenti con le espressioni «black worldliness»,
«black globalism», «black global community». Soprattutto le
afroamericane sono state protagoniste, nel secondo dopoguerra, di quella
che viene definita una nuova «global race consciousness», la
consapevolezza che fosse possibile rafforzare la battaglia globale
contro il razzismo alleandosi con uomini e donne delle darker races.
Un percorso internazionalista che per le
afroamericane veniva da lontano: dalla presenza all’esposizione
universale di Chicago del 1983, al primo Congresso Panafricano a Londra
nel 1900, alla creazione dell’«International Council of Women of the
Darker Races» nel 1922, all’organizazione del Congresso panafricano di
New York del 1927, fino alla partecipazione di Mary McLeod Bethune, –
presidente del National Council on Negro Women – alla fondazione delle
Nazioni Unite nel 1945, come consulente della delegazione statunitense.
In questi diversi passaggi esse proposero una visione dei rapporti
internazionali che ricomponeva diritti delle donne, creazione di una
comunità globale delle darker races, anticolonialismo, pace, giustizia
sociale e diritti umani.
Nel secondo dopoguerra fu soprattutto il
National Council of Negro Women, nato nel 1935, a svolgere e
moltiplicare le proprie attività internazionali sia con l’invio di
rappresentanti in Europa, Indie Orientali e Cuba (il paese in cui il
Council decise di avviare i progettati Summer Seminars in collaborazione
con la Asociation Cultural Feminina), sia con l’accoglienza di
rappresentanti di associazioni di donne da Filippine, Liberia, Messico,
Costa Rica, Francia, Cina, Haiti, Gran Bretagna and Belgio nei suoi
meeting annuali.
Un processo di internazionalizzazione
che il Council voleva incrementare incoraggiando lo studio delle
relazioni internazionali all’interno di gruppi afroamericani religiosi e
civici, e intensificando l’adesione ad associazioni internazionali non
soltanto nere. Del resto, che la blackness fosse soprattutto una
dimensione politico-simbolica risulta chiaro guardando all’interesse del
Council verso l’India e la sua resistenza al colonialismo, testimoniato
dai rapporti tra Mary McLeod Bethune e la diplomatica indiana Vijaya
Lakshmi Pandit Nerhu, sorella del primo ministro indiano e figura
centrale della politica indiana prima e dopo l’indipendenza.
I movimenti panafricani e dei processi
di decolonizzazione in atto furono al centro dell’attenzione delle
afroamericane, protagoniste di una «new public diplomacy» che veicolava
negli Stati Uniti le istanze dei nuovi paesi decolonizzati.
Dorothy Height, Shirley Graham Du Bois (moglie del leader afroamericano William Edward Burghardt Du Bois che nel 1963, poco prima della sua scomparsa, si era trasferito in Ghana), Dorothy Boulding Ferebee, sono solo alcune delle donne nere che parteciparono nel 1960 alla prima «Conference of African Women and Women of African Descent» ad Accra, in Ghana – repubblica indipendente da appena tre anni –, convocata su iniziativa del National Council of Ghana Women, l’organizzazione che aveva aggregato nel 1960 i gruppi di donne preesistenti.
Dorothy Height, Shirley Graham Du Bois (moglie del leader afroamericano William Edward Burghardt Du Bois che nel 1963, poco prima della sua scomparsa, si era trasferito in Ghana), Dorothy Boulding Ferebee, sono solo alcune delle donne nere che parteciparono nel 1960 alla prima «Conference of African Women and Women of African Descent» ad Accra, in Ghana – repubblica indipendente da appena tre anni –, convocata su iniziativa del National Council of Ghana Women, l’organizzazione che aveva aggregato nel 1960 i gruppi di donne preesistenti.
Erano state in gran parte le donne, sia
delle regioni rurali che delle aree urbane, a partecipare con forza alla
battaglia per l’indipendenza e poi alla ricostruzione politica
post-coloniale dentro e fuori il Convention People’s Party. Il loro
impegno era provato dalla presenza di 10 donne in Parlamento, un
risultato che, come disse pubblicamente Shirley Graham Du Bois, i paesi
europei avevano raggiunto nell’arco di decenni.
La conferenza di Accra concentrò i suoi lavori su diritti economici, diritti alla salute, opportunità nell’ambito della vita pubblica, dell’istruzione e del lavoro, oltre che sulle strategie per stabilire legami più stretti tra i movimenti delle donne nere a livello globale.
La conferenza di Accra concentrò i suoi lavori su diritti economici, diritti alla salute, opportunità nell’ambito della vita pubblica, dell’istruzione e del lavoro, oltre che sulle strategie per stabilire legami più stretti tra i movimenti delle donne nere a livello globale.
Sarebbe stato lo stesso presidente del
Ghana indipendente, Kwame Nkrumah, ad enfatizzare il ruolo delle donne
nel suo discorso alla conferenza: «È venuto il tempo in cui i molti
milioni di donne africane e di discendenza africana insorgano per unirsi
alla crociata per la libertà dell’Africa». Se nel corso dell’incontro
non mancarono tensioni nella delegazione statunitense tra chi voleva
schierarsi apertamente con il blocco filosovietico e chi vi si opponeva,
se le afroamericane rifiutarono l’approvazione di una risoluzione che
condannava la segregazione razziale statunitense e l’apharteid
sudafricano equiparandoli e pretesero due diverse mozioni, il raduno
creò un legame che sarebbe durato nel tempo.
Al suo rientro dall’Africa, nel 1962,
Height partecipò alla fondazione della American Negro Leadership
Conference on Africa insieme a Martin Luther King (Southern Christian
Leadership Conference), Roy Wilkins (National Association for the
Advancemente of Colored People), e a molti altri leader afroamericani.
Il focus della Conferenza fu non solo sui rapporti degli afroamericani
con i movimenti di liberazione africani, ma sui modi per influenzare la
politica estera statunitense nei confronti dell’Africa.
L’azione delle afroamericane – che
spesso rivestirono ruoli di leadership nei movimenti anticoloniali –
continuò in diverse forme nel tempo. Dorothy Boulding Ferebee sarebbe
stata nominata dal presidente Lyndon Johnson, nel 1967, tra i cinque
delegati ufficiali all’Assemblea della Word Health Organization e si
sarebbe poi impegnata in programmi internazionali di cooperazione
sanitaria; il National Council of Negro Women nel 1975 fondava al suo
interno una sezione internazionale che si sarebbe occupata soprattutto
del rapporto tra donne e sviluppo; Dorothy Height tornò in Africa nel
1977 per lavorare con la Black Women’s Federation del Sudafrica, e
replicò periodicamente le sue visite.
Molti anni più tardi, nel marzo del
2012, il National Council of Negro Women annunciava la sua partnership
con TransAfrica, New York University’s Women of Color Policy Network e
International Black Women’s Public Policy Institute per collaborare
all’organizzazione della Intercontinental Black Women’s Empowerment
Conference da tenersi ad Accra nel luglio di quello stesso anno.
Alcuni dei temi affrontati sarebbero stati assai simili, seppur in un contesto fortemente mutato, a quelli espressi nel 1960: l’empowerment economico delle donne africane e afroamericane, il miglioramento delle condizioni sanitarie (con particolare riferimento al problema dell’Aids e della mortalità materna), il problema della tratta.
Quell’anno si festeggiava il centesimo anniversario della nascita di Dorothy Height e si onorava l’eredità di una afroamericana il cui interesse per le donne nere era andato ben oltre i confini degli Stati Uniti.
Alcuni dei temi affrontati sarebbero stati assai simili, seppur in un contesto fortemente mutato, a quelli espressi nel 1960: l’empowerment economico delle donne africane e afroamericane, il miglioramento delle condizioni sanitarie (con particolare riferimento al problema dell’Aids e della mortalità materna), il problema della tratta.
Quell’anno si festeggiava il centesimo anniversario della nascita di Dorothy Height e si onorava l’eredità di una afroamericana il cui interesse per le donne nere era andato ben oltre i confini degli Stati Uniti.
*
GENERE E STORIA. DA OGGI FINO A SABATO IL CONVEGNO DELLA SIS
Spaziando dall’antichità all’età
contemporanea, dall’Italia al Medio Oriente e America Latina, si apre
oggi (per concludersi sabato) il settimo congresso annuale della Società
Italiana delle Storiche dedicato a «Genere e storia». Importanti le
prospettive di ricerca che si dipaneranno nei più di 220 interventi
previsti – disposti in due sessioni plenarie, sei parallele, sette
poster – vanno a mostrare come « le donne sono protagoniste della storia
e la loro assenza dalle storiografie tradizionali è il frutto di scelte
intellettuali e politiche che, ormai, non si possono che considerare
desuete». Studiose e studiosi italiani e internazionali si incontreranno
dunque per riflettere sul ruolo delle relazioni di potere che
condizionano quelle tra individui e tra società. Le intersezioni e i
punti di contatto tra storia e genere saranno molteplici: lavoro,
migrazione, mascolinità, sessualità, religione, immaginario, biografie e
femminismi, grazie a presenze quali Amy Erickson, Sylvie Duval, Monique
Deveaux, Elisabetta Vezzosi, Adriana Valerio, Gabriele Proglio,
Raffaella Baritono, Barbara Henry, Simona Feci, e ancora Elena Borghi,
Elisabetta Serafini, Lucia Sorbera, Serena Tolino, Laura Guidi, Laura
Savelli, Nadia Fusini.
Il programma completo si può consultare al sito www.societadellestoriche.it
Il programma completo si può consultare al sito www.societadellestoriche.it
[Elisabetta Vezzosi 02/02/2017]
Nessun commento:
Posta un commento