Secondo Brendan Behan i critici sono
come gli eunuchi: gli piacerebbe farlo, non possono, e dunque si
limitano a guardare. Qualche malizioso potrebbe estendere la
similitudine anche ai traduttori. Ma i traduttori non si limitano a
guardare. Essi fanno eccome: ricreano, sostituiscono; in soldoni, come
voleva Umberto Eco, fanno «quasi la stessa cosa» ma facendone proprio
un’altra. La situazione si complica quando si ha un romanzo che parla di
traduzione, e con al centro un traduttore al quale non piace solo
guardare, ma che si cimenta persino nella vita dell’uomo d’azione, per
dirla alla Novalis.
È stato pubblicato di recente per la
piccola grande casa editrice Coazinzola Press, un libro ancora inedito
in originale, e che quindi vede la sua prima mondiale in italiano:
Dietro l’arazzo (pp. 483, euro 22) dell’irlandese Lenny McGee, tradotto
dalla penna raffinata di Riccardo Duranti.
IL ROMANZO AMBISCE a
riesumare dagli abissi della Storia le vicende del primo formidabile
traduttore inglese del Don Chisciotte, Thomas Shelton, anch’egli
irlandese, personaggio di cui si sa pochissimo. Le vicende appassionanti
di quest’uomo di lettere e d’azione lo vedono coinvolto in una
modernissima rete di comunicazione intra-europea che fa uso di corrieri,
intenti a fare la spola tra le maggiori città. Ma Thomas non è solo al
centro del palcoscenico, lo accompagna la donna della vita, Eva, figlia
di un certo Don Miguel che fa lo scrittore.
I LORO SPOSTAMENTI li
portano persino a Londra, dove fanno la conoscenza di un certo Will, che
fa il drammaturgo, e incrociano persino un italiano, Giovanni/John, che
fa il traduttore (il lettore attento lo ritroverà anche ne La cena de
le ceneri di Giordano Bruno). Il tutto è parzialmente inserito nella
cornice storica dei rapporti tra Inghilterra e Irlanda a cavallo tra il
sedicesimo e il diciassettesimo secolo. Nello specifico si fa
riferimento alle pulsioni anti-inglesi fomentate da famosi dignitari tra
cui Tyrone, e alla possibilità di un intervento dell’esercito spagnolo
in soccorso degli irlandesi. Per quest’ultimo aspetto, si rimanda alla
lettura dell’Enrico V a firma del noto Will di cui sopra.
ALTRO ASPETTO di
interesse in questo romanzo corale, la cui forza non è data tanto, o non
solo dalle vicende e dagli ammiccamenti alla storia ma dalla stessa
struttura (un misto di dialoghi e monologhi), è la cornice
contemporanea: un intessersi di email alla narrazione vera e propria di
vicende del passato. Gli scritti riguardanti Shelton e la sua donna
vengono infatti rinvenuti da studiosi che si propongono di riportarli
alla luce, e così di vendicare i due personaggi da secoli di oblio.
DIETRO L’ARAZZO è un
libro che aiuta anche a capire altro, oltre al funzionamento della
macchina-romanzo. Nelle prime pagine il protagonista riflette sul metodo
di un suo «maestro» e chiarisce sottotraccia uno degli obiettivi di
questo libro illuminante, ossia farci comprendere che quasi tutto è
traduzione, ogni moto umano o sociale; e questo perché comporta
cambiamenti e riflessioni critiche su quel canovaccio di connessioni
chiamato esistenza: «Tutto quel che dice si collega con qualcos’altro e
porta verso altre idee attraverso lampi intuitivi, subitanee scoperte,
improvvisi cambi di prospettiva.
INSISTE SEMPRE che la
traduzione sia una pianta con salde radici nella nuova lingua e non un
fiore reciso e destinato ad appassire dopo poco tempo perché se un’opera
è davvero grande, è come un organismo vivente e allora cresce, accumula
saggezza, si riproduce».
[Enrico Terrinoni 07/02/2017]
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