Libro davvero particolare, affascinante e
perturbante come pochi, il testo di Kressing, oltre ad avvincere
chiunque lo prenda in mano, si presta, come pochi altri, a diversi
livelli di interpretazione, sfuggendo sempre, però, a qualunque
tentativo di ingabbiarlo in un qualsiasi genere. Comunque lo si tenti di
definire – favola oscura, romanzo gotico, apologo nero – la storia del
cuoco Conrad Venn eccede ogni tentativo di definizione, costringendo il
lettore attento a porsi sempre nuove domande.
Il protagonista, alto, «estremamente
emaciato, quasi cadaverico», dai lineamenti grifagni e il naso a becco,
dalle orbite incavate e gli occhi penetranti – quasi una sorta di
Mefistotele – giunge un giorno nella cittadina di Cobb e prende servizio
come cuoco, appunto, presso la ricca famiglia degli Hill. Da quel
momento in poi la vita dei suoi datori di lavoro, dell’altra potente
famiglia, i Vale, una volta rivali e ora amici degli Hill, e di tutto il
piccolo paese cambierà inesorabilmente. Utilizzando innanzitutto la sua
abilità culinaria – facendo ingrassare o dimagrire le persone,
rendendole felici o sottomesse – ma anche la sua determinazione e la sua
capacità di colpire chiunque nel suo punto debole, Conrad sconvolgerà
la vita di tutti, portando a compimento il suo misterioso progetto.
Con un inizio che sembra richiamarsi a Mary Poppins,
ma una Mary Poppins virata in nero, con l’arrivo di un nuovo componente
della servitù che muterà la vita di tutti in famiglia. Un epilogo a
metà tra l’inferno dantesco ed Helzapoppin, il romanzo di
Kressing può forse essere letto anche e soprattutto come una riflessione
sul potere, nella sua accezione più larga e negativa. Come capacità, da
un lato, di manipolare le persone, influenzare comportamenti e
convinzioni, ma anche dall’altro, facendo emergere la sotterranea
pulsione che genera piacere nel servire, nel sottomettersi, nell’essere
dominato. E viene in mente, a tale proposito un capolavoro come lo Jakob von Gunten di Robert Walser.
Emergono, inoltre, gli impulsi più
devastanti e autodistruttivi del dominio, quelli in cui la festa
interminabile si lega alla visione infernale e in cui il potere mostra
la sua faccia forse più feroce, portando al progressivo annichilimento
chi pensa di detenerlo insieme all’intero mondo circostante. E come non
pensare allora a La mascherata della morte rossa di Edgar Allan Poe?
[Mauro Trotta 22/12/2016]
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