mercoledì 19 ottobre 2016

Teneri, disincantati compagni di strada

Una scrittrice dagli occhi intensi e e che per le sue parole taglienti è stata minacciata di morte dai fondamentalisti del suo paese; un attore radical americano che dona parte del suo cachet a associazioni per i diritti civili; un giornalista fedele alla mission di denunciare gli abusi del potere costituito. Infine, un fuggiasco, costretto a rifugiarsi nella poco democratica Russia. È la strana compagnia che si riunisce per alcuni giorni in una Mosca fredda.
La scrittrice è Arundhati Roy, l’attore è John Cusack, il giornalista è Daniel Ellsberg, noto per aver tirato fuori i paper del Pentagono per preparare il clima adatto a legittimare l’intervento delle truppe americane in Vietnam. Il giovane esiliato è Edward Snowden, cioè l’agente che ha tirato fuori le prove sul capillare spionaggio svolto dalla National Security Agency su milioni di cittadini americani e non solo.
QUESTO INCONTRO e le conversazioni ravvicinate tra la scrittrice e l’attore che lo procedono è lo sfondo del libro Cose che si possono e non si possono dire (Guanda, pp. 164, traduzione di Federica Oddera. Il libro sarà in libreria da domani).
Pagine che si leggono tutte di un fiato. Incalzanti, ironiche e piene di quella leggerezza necessaria a volte per parlare di «cose» complicate.
John Cusack usa le parole con parsimonia. Poco concede alla retorica anti-establishment dei movimenti dei diritti civili made in Usa. Mette subito in chiaro che la politica estera del suo paese non gli piace. Ma è ostile anche a chi taglia le gole del proprio paese perché bisogna disinfettarlo dai virus occidentali. Le truppe mandate in Iraq hanno raggiunto un solo obiettivo – la caduta di Saddam Hussein – ma poi il paese ha conosciuto e conosce una guerra civile feroce e sanguinosa, che ha visto centinaia di migliaia di civili morti. I militari Usa hanno pensato solo di difendere il petrolio, uno dei motivi per i quali sono stati mandati lì. Nel frattempo, il fondamentalismo politico-religioso ha assunto le sembianze proprio dei tagliatori di gola dell’Isis. Che non esitano a scagliarsi contro chi il potere non lo ama, colpevole però di amare la libertà.
La scelta di Snowden di rendere pubblici i materiali dello spionaggio su larga scala della Nsa non risolve il pantano iracheno, né quello siriano o libico, ma ha alzato il velo sull’esercizio antidemocratico del potere Usa.
L’attore deve però vedersela con lo scetticismo della scrittrice indiana. Ad Arundhati Roy Edward Snowden non piace da quando si è fatto fotografare con una bandiera americana stretta al petto. Le è sembrato un gesto incoerente rispetto alle denunce dell’ex-agente americano. Obietta, con le lacrime agli occhi, ricordando che il patriottismo un giovane americano lo ha servito a pranzo e a cena. Alla fine diviene una seconda pelle. Solo quando avverti la contraddizione tra l’inno nazionale che parla dei liberi e coraggiosi e le orrende cose compiute provi a toglierti quella seconda pelle. Fa male, ma il patriottismo è anche un abito mentale difficile da dismettere.
Arundhati Roy è un torrente in piena quando mette in rilievo come il potere non ami chi è in disaccordo. In India, il partito indù al governo fa propaganda a colpi di massacri di musulmani e di civili, che si oppongono alla loro cacciata dalle terre dove vivono per far posto a una diga o una miniera. Il potere ha sempre un doppio standard etico: se qualcuno uccide, ma è tuo nemico è una bestia, ma se i massacri e gli stupri sono compiuti in difesa di uno stile di vita, ecco che diventano atti di eroismo.
Il radicalismo etico di Arundhati Roy è scandito dall’ironia. Si prende cioè amabilmente in giro. Dice che è stata nutrita di marxismo fin da piccola, ma poi usa parole sferzanti verso il partito comunista del Kerala e il socialismo reale. Ma ha ragione l’autrice del Dio delle piccole cose. il nodo da sciogliere non è quanti grammi di comunismo ci siano in un ragionamento.
UN INTELLETTUALE non può che essere un dissidente, echeggiando altri autori, non ultimo l’amato Edward Said. Essere dissidenti nel mondo e in casa propria è dunque il primo passo per dare forma alla risposta alla vera domanda che ancora in molti non vogliono porsi, rifugiandosi nel culto di una identità priva di ogni attrattiva: cosa significa infatti essere comunisti dopo il socialismo reale e i gulag? Difficile domanda e risposta ancora da là a venire
Esercitare la dissidenza, non fare sconti a nessuno, senza però mai dimenticare che la sua scelta è di stare a fianco con chi resiste al neoliberismo. John Cusack annuisce. E annuisce anche Edward Snowden. Pure lui ha fatto una scelta di campo. Ironia della sorte è ospite di un oligarca che la democrazia la piega ai suoi voleri.
Sa che non potrà mai tornare in patria, ma è il prezzo che ha deciso di pagare affinché le parole che non si ciano più parole ostili al potere che non si possono dire.
[Benedetto Vecchi 19/10/2016]

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Commenti

il 12/08 SR ha commentato Non credo che D'Avenia possa far parte del nostro blog. Certo i suoi libri sono best-sellers tra gli adolescenti, e probabilmente hanno il merito di avviare qualche giovane alla lettura, ma la banalità delle situazioni e del linguaggio non permettono di considerare questi testi letteratura. Diciamo che sono testi "di servizio", nella migliore delle ipotesi. su Prossimamente
il 14/05 SR ha commentato Purtroppo J.K.J. non sembra più funzionare con le ultime generazioni: un tentativo di leggere a scuola Three Men In a Boat è finito miseramente in noia. I ragazzi non capivano cosa c'era da ridere e io non capivo perché non capivano. Tristissimo. Jerome per me è finito in quell'armadio dove tengo gli autori speciali che voglio proteggere dagli studenti... su Jerome K. Jerome, fare ridere l’uomo moderno, spaventato
il 29/02 Ida ha commentato A proposito di classifiche: "Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove." Anch'io,come U.ECO sono andata al cinema nel modo ricordato e quindi io amo ricordare e vorrei tanto poter fare liste di su Chi siamo
il 28/02 Ida ha commentato Grazie Roberta per aver riaperto il blog.Trovo che è un modo per uscire dalla solitudine delle letture personali.Scrivere e leggere accanto, trovo che è un bel modo per parlarci e parlarmi. su Chi siamo