Siamo ragazze volanti, nude, liberate. Non abbiamo timore di metterci in mostra ma non abbiamo perso la vergogna, siamo timide ma perverse, allegre seppure introverse. Ci scambiamo i cappelli, le chiome, gli sguardi, siamo una nessuna cinquecentomila, ci perdiamo tra le note, tra le rose, ci ritroviamo in altri mondi, dentro i caratteri tipografici di un volume ingiallito, in trasparenza tra i petali violacei di un iris. Stiamo in posa delicate, un piedino alzato, la caviglia sottile, come sui tacchi ma scalze, la terra ci è lieve come nuvola, ci torciamo avvitate verso un desiderio inaudito e inesaudibile, siamo gocce, essenze di fiori intensi, potenti come veleno radioattivo, lucenti tra sfumature scarlatte. Siamo bamboline mascherate su una torta di panna, siamo tappezzeria da suite azzurra di un albergo in decadenza, siamo decapitate dalla parola ma pensanti dai mille volti femminili.
Siamo donne, femmine, bambine, seduttive e smargiasse, smaglianti e teatrali, occhi racchiusi nel preciso disegno di un eye-liner da cui possono uscire raggi di fuoco, petali di rosa, lacrime di coccodrillo. Siamo farfalle circensi, moderatrici, immodeste modelle da accademia d’arte, uniche e imprescindibili, acrobate sguiscianti incomprensibili, motori di assassinii, natanti affacciate sul vuoto, belle natiche esposte con disinvoltura, forse maschile, ai passanti sulla via.
Ci distendiamo sul monte di Venere perché possediamo le doti dell’amore, la simpatia, la musica, la grazia e la passione. Ci massaggiamo le bianche dita dei piedi accovacciate sul monte di Apollo perché siamo focose brillanti artiste felici di successo. Perché laddove qualcuno ci dirà qualcosa di diverso ci mentirà, tradendo la fiducia concessagli, ferendoci il seno con un’aspide, in quell’istante preciso tondo unico saremo pronte a colpire, ad azzannare, a trasformarci da dolci figurine bidimensionali a virago predisposte ad uccidere. Nulla di tutto ciò diverrà verbo, nulla di tutto ciò accadrà se una equilibrata convivenza basata sul rispetto delle diversità rimarrà reale e fattiva.
Tra peonie e bulbi siamo le ragazze di Gauguin impallidite dalla non esposizione al sole, tra albicocche e frutto della passione non sappiamo cosa scegliere, ci rilassiamo in morbidezze petalose, vellutezze solleticanti la punta dei piedi o la mezzaluna della coda di sirena. Perdiamo lo sguardo nell’infinito ma non perdiamo la testa neppure se la vediamo allontanarsi senza meta e senza permesso verso un altrove. Siamo modelli arcaici, siamo senza tempo, evanescenti e pure, impalpabili eppure palpate e papabili, fisicità e destino, genesi e decomposizione, gioia massima e addii.
Portatrici di fortune e disgrazie, di bellezza a tripudio e di ossessione mortale. Vorremmo nascere e sparire, tornare a vivere e rinascere all’infinito, senza che uno scrittore posi mai la penna sul tavolo con la consapevolezza di una fine. Vorremmo non sparire mai.
Ci chiamiamo Odile Lucile Carmen Sonia Elise Armande Colette Lili Rose Arielle Henriette Martine Marthe Elsa Viviane Irene Blanche Louise Lise Sissy Camelia Angèle Clémentine Anna Alice Giselle Julie Ruth Adèle. Cognome paterno: Simenon.
(«Simenon», Rossella Fumasoni; Galleria Diagonale, Via dei Chiavari 75, Roma)
[Fabiana Sargentini da "il manifesto" del 10/03/2016]
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