sabato 12 dicembre 2015

Babbo Natale giustiziato, Claude Lèvi-Strauss

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Un vecchio saggio di Claude Lévi-Strauss, apparso per la prima volta su Les Temps Modernes nel 1952 e più volte ripubblicato in italiano: Babbo Natale giustiziato (tr. it. C. Caruso, Sellerio, Palermo, 1995). È un piccolo gioiello di analisi socio-antropologica scritto da Lévi-Strauss a commento di un fatto di cronaca che scandalizzò la Francia dell’epoca: l’esecuzione simbolica di Babbo Natale sul sagrato della cattedrale di Digione, nel pomeriggio del 24 dicembre 1951. Questo il resoconto dell’evento nell’editoriale di France-Soir del giorno successivo:

 “Ieri pomeriggio Babbo Natale è stato impiccato alla cancellata della cattedrale di Digione e arso pubblicamente sul sagrato. La spettacolare esecuzione si è svolta alla presenza di parecchie centinaia di bambini dei patronati. Essa era stata decisa d'accordo con il clero che aveva condannato Babbo Natale come usurpatore ed eretico. Egli era stato accusato di paganizzare la festa del Natale e di essersi insediato in essa come un cuculo, occupandovi un posto sempre più grande. Gli si rimprovera soprattutto di essersi introdotto in tutte le scuole pubbliche da cui il presepe è scrupolosamente bandito. Domenica, alle tre del pomeriggio, lo sventurato brav'uomo dalla barba bianca ha pagato come molti innocenti per una colpa di cui si erano resi colpevoli coloro i quali plaudiranno alla sua esecuzione. Il fuoco ha incendiato la sua barba ed egli è svanito nel fumo. Al termine dell'esecuzione è stato diramato un comunicato, di cui sotto i brani essenziali:

«In rappresentanza di tutte le famiglie cristiane della parrocchia desiderose di lottare contro la menzogna, 250 bambini, raggruppati davanti alla porta principale della cattedrale di Digione, hanno bruciato Babbo Natale.
«Non si è trattato di un'attrazione, ma di un gesto simbolico. Babbo Natale è stato sacrificato in olocausto. A dire il vero, la menzogna non può risvegliare nel bambino il sentimento religioso e non è in nessun caso un metodo educativo. Che gli altri scrivano e dicano ciò che vogliono e facciano di Babbo Natale il contrappeso del Castigamatti. «Per noi cristiani la festa del Natale deve rimanere la ricorrenza che celebra la nascita del Salvatore
»

E' il  primissimo dopoguerra e da qualche anno la celebrazione del Natale ha avuto una risonanza prima sconosciuta, arricchendosi di usanze dovute all’influenza degli Stati Uniti che rapidamente si sono radicate nella società francese. 

L’influenza culturale degli U.S.A., dice Lévi-Strauss, è un fatto.
Il Natale e i riti ad esso connessi hanno conosciuto momenti di maggiore adesione e altri di declino: “la forma americana non è che la più moderna di tali trasformazioni” (p.56). Elementi molto antichi - e dei quali pochi conoscono l’origine – si mescolano tra loro e con altri più recenti.
Babbo Natale, definito in base ad una funzione esclusiva e un ritorno periodico, appartiene alla famiglia delle divinità, ed è venerato da bambini che gli inviano preghiere e lettere e che egli ricompensa: Babbo Natale è “espressione di un codice differenziale che distingue i bambini dagli adolescenti e dagli adulti”. Il riferimento è ai riti di passaggio e iniziazione: gli adulti non credono in Babbo Natale, ma alimentano la credenza dei bambini, soggetti sociali che però alla società non appartengono ancora completamente.

Rispetto ad altre figure come l’Orco o l’Uomo nero o i “katchina” degli Indiani del sud-ovest degli Stati Uniti, Babbo Natale è benevolo, la sua figura subisce una trasposizione mitica: Babbo Natale premia e punisce a seconda del comportamento di coloro che sono sottoposti al suo “controllo”.
Ricorrere a Babbo Natale permetterebbe di disciplinare le richieste infantili, circoscrivendo il periodo in cui è lecito chiedere dei doni.
Ma perché esiste questo diritto e perché esso si impone agli adulti al punto di elaborare un rituale tanto complesso per contenerlo e limitarlo? Secondo Lévi-Strauss nel momento in cui ci si pone questo interrogativo bisogna accettare che Babbo Natale non è unicamente una mistificazione imposta dagli adulti ai bambini, ma “è anche, in larga misura, il risultato di una transazione molto gravosa tra le due generazioni”.
Questa transazione è da inscrivere nel rapporto che lega gli iniziati (gli adulti) e i non-iniziati (i bambini). I non iniziati, in questa prospettiva, sono tenuti fuori dalla mistificazione perché sono i rappresentanti della realtà con la quale la mistificazione crea un compromesso.

Il mito di origine dei rituali legati ai katchina aiuta a capire questo passaggio: i kachina sono le anime dei primi bambini indigeni annegati nel corso delle emigrazioni ancestrali degli Indiani Pueblo. Al momento della stabilizzazione nel villaggio, i kachina tornavano ogni anno portando via i bambini: per evitarlo gli indiani ottennero che i kachina rimanessero nell’aldilà e in cambio promisero di rappresentarli con maschere e danze ogni anno. I bambini non sono esclusi da questi riti perché temano e rispettino gli antenati, ma perché essi sono i kachina stessi: in quanto soggetti non ancora a pieno titolo parte della comunità il loro posto non è con i vivi e le maschere (gli adulti), “ma con gli dèi e i morti; con gli dèi che sono i morti. E i morti sono i bambini”. In questo senso, i non-iniziati non sono caratterizzati unicamente da ignoranza, in termini di privazione di qualcosa: piuttosto essi sono complementari al gruppo degli iniziati, i primi rappresentando i morti. Una volta iniziati rappresenteranno anche loro i vivi e saranno futuri garanti del non-ritorno dei morti dall’aldilà.
“Nella misura in cui i riti e le credenze legati a Babbo Natale dipendono da una sociologia iniziatica, mettono in evidenza, dietro la contrapposizione tra bambini e adulti, una contrapposizione più profonda tra morti e vivi”.
 
Riprendendo le ricerche di storici delle religioni e studiosi di folklore, l’autore mostra che l’origine di Babbo Natale si ritrova in personaggi che, in un determinato periodo dell’anno, sono i re di Natale, eredi loro stessi dei Saturnali romani (festa dei morti dedicata a Saturno mangiatore di bambini ma, proto tipicamente, dio della germinazione). 
Dai Saturanali alle feste di dicembre del periodo medievale, fino ad arrivare al Natale cristiano, alcuni caratteri ricorrono quasi immutati: la decorazione delle case, lo scambio di doni o i regali ai bambini, la solidarietà tra ricchi e poveri. Aspetti di ricongiungimento si affiancano all’antagonismo, la società funziona “secondo un duplice ritmo”: nel Natale medievale, come nel corso dei Saturnali, il gruppo sociale si scindeva in due e la gioventù eleggeva il proprio sovrano (l’“abate della giovinezza”). Il sovrano da una parte ordina gli eccessi  e dall’altra li contiene entro certi limiti, è il mediatore immaginario tra adulti e giovani. Se dal punto di vista storico Babbo Natale deriva da uno spostamento, avvenuto nel recente passato, della festa di San Nicola assimilata alla celebrazione del Natale cristiano, dal punto di vista strutturale “un personaggio reale è diventato un personaggio mitico; un’emanazione della giovinezza, che simboleggia il suo antagonismo in rapporto agli adulti, si è trasformato in simbolo dell’età matura di cui incarna le disposizioni benevole nei confronti della giovinezza; l’apostolo della cattiva condotta è incaricato di sancire la buona condotta”, concentrandosi sui bambini e non sui giovani, categoria, dice Lévi-Strauss, scomparsa dalla società contemporanea.
Se nei paesi latini e cattolici l’accento è posto sulla forma misurata della relazione tra morti e vivi e dello scambio di regali, nei paesi anglosassoni si è accentuata la separazione tra le forme estreme di Halloween (i bambini si travestono da morti per richiedere doni) e di Christmas, in cui i regali esaltano la vitalità dei bambini. In entrambi i casi i più piccoli rappresentano l’alterità tra morti e vivi e ne sono al contempo partecipi, in quanto solo parzialmente incorporati nel gruppo.
Babbo Natale appare dunque come risultante sincretica di una trasformazione che secondo Lèvi-Strauss indica un miglioramento nel rapporto con i morti: non abbiamo più bisogno di sovvertire l’ordine per sentirci in regola con ciò che l’aldilà “ci richiede”. Ci preoccupiamo piuttosto di mantenere viva la credenza nella figura di generosità senza limiti che Babbo Natale rappresenta e i regali restano un sacrificio alla vita che consiste antitutto nel non morire: infatti l’atteggiamento dei suoi contemporanei verso la morte, osserva Lévi-Strauss, non consiste nell’aver paura di spiriti o morti, ma in ciò che la morte rappresenta in termini di privazione e impoverimento, quasi che credendo in Babbo Natale i bambini (secondo la tradizione incarnazione dei morti) sostengano negli adulti la credenza nella vita.

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Commenti

il 12/08 SR ha commentato Non credo che D'Avenia possa far parte del nostro blog. Certo i suoi libri sono best-sellers tra gli adolescenti, e probabilmente hanno il merito di avviare qualche giovane alla lettura, ma la banalità delle situazioni e del linguaggio non permettono di considerare questi testi letteratura. Diciamo che sono testi "di servizio", nella migliore delle ipotesi. su Prossimamente
il 14/05 SR ha commentato Purtroppo J.K.J. non sembra più funzionare con le ultime generazioni: un tentativo di leggere a scuola Three Men In a Boat è finito miseramente in noia. I ragazzi non capivano cosa c'era da ridere e io non capivo perché non capivano. Tristissimo. Jerome per me è finito in quell'armadio dove tengo gli autori speciali che voglio proteggere dagli studenti... su Jerome K. Jerome, fare ridere l’uomo moderno, spaventato
il 29/02 Ida ha commentato A proposito di classifiche: "Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove." Anch'io,come U.ECO sono andata al cinema nel modo ricordato e quindi io amo ricordare e vorrei tanto poter fare liste di su Chi siamo
il 28/02 Ida ha commentato Grazie Roberta per aver riaperto il blog.Trovo che è un modo per uscire dalla solitudine delle letture personali.Scrivere e leggere accanto, trovo che è un bel modo per parlarci e parlarmi. su Chi siamo