Ci siamo
date appuntamento con Google Meet
alle ore 21.00; eravamo Silvia, Paola, Rossella, Francesca, Ida,
Roberta e Chiara.
Dopo i
soliti convenevoli ci siamo confrontate sulle letture al tempo
del Covid 19 fatte in questo periodo: Rossella e anche Roberta hanno letto
In questo romanzo si parla di Vera, Nina e Ghili, rispettivamente nonna, madre e nipote, che si ritrovano nella stessa stanza dopo lunghi anni in occasione del novantesimo compleanno di Vera. La vita di Nina non è rimasta a lungo sui binari del resto della famiglia e, ora che è tornata con una domanda da fare e numerose risposte da cercarle, accoglierla come se non fosse un’estranea sembra quasi uno sforzo. È grazie a lei, tuttavia, che la nonna riesce a ripercorrere le tappe di un’esistenza rimaste sepolte sotto il peso del tempo, della vergogna, del dolore. Da ebrea croata quale era, infatti, aveva trascorso una giovinezza complessa dal momento in cui si era innamorata del serbo Miloš e lo aveva poi visto finire in prigione perché ritenuto una spia sovietica. Quando la figlia aveva da poco compiuto sei anni, per di più, era stata deportata in un campo di rieducazione sull’isola di Goli Otok, senza che Nina fosse mai riuscita a capacitarsi fino in fondo della sua assenza.
La stessa Ghili ha un rapporto conflittuale con la madre, per motivi che
vengono svelati con delicatezza nel corso della vicenda, e in un
perenne salto tra l’infanzia e l’età adulta, tra la leggerezza dei
desideri e la pesantezza della Storia, alla famiglia viene data
un’occasione di perdono e di riscatto. Per riuscire a superare gli anni
di silenzio e di dolore dei quali si è circondata, però, è necessario
tornare nella prigione politica dei tempi di Tito non soltanto con la
memoria, e fare ammenda con il passato reintegrandolo a pieno titolo nel
presente. La sfida è complessa da accettare, ancora di più da portare a
termine: l’odio e l’assenza si frappongono tra Ghili e Nina come un
tendone spesso, che forse solo il figlio adottivo di Vera, di nome
Rafael, può riuscire a scostare una volta per tutte.
Ida ha
riletto il libro dello scrittore turco Pamuk dal titolo “Neve”
Mandato a scrivere un reportage in una lontana città turca di confine,
il poeta Ka deve fare i conti con la propria crisi esistenziale e
spirituale, e con alcuni fatti inquietanti. Negli ultimi tempi, in
città, sono avvenuti degli strani suicidi:ragazze obbligate a togliere
il velo per entrare all'università hanno preferito farla finita. E poi
terroristi islamici che minacciano attentati, e militari nazionalisti
che preparano la repressione. Ka cerca di non farsi coinvolgere dalla
tragedia che sta per insanguinare il piccolo centro. Tutto ciò che vuole
è convincere Ipek, la donna che ama, a fuggire con lui in Germania.
Intanto la neve, indifferente ai complotti, agli omicidi, all'odio e
alle altre passioni umane, continua a cadere.
Silvia in lingua originale sta leggendo
Il terzo libro, in lavorazione, si chiamerà The Mirror and the Light.
A risuscitare il romanzo storico nel XXI secolo è stata senz’altro la britannica Hilary Mantel, 69 anni dalle Midlands orientali, l’unica scrittrice a cui è stato assegnato per due volte il Booker Prize, il più prestigioso premio letterario del mondo anglo-sassone. Il bello della faccenda è che la Mantel scrive dei romanzi giganteschi, raramente sotto le 500 pagine. Ha iniziato con una trilogia sulla rivoluzione francese, La storia segreta della rivoluzione, affascinata subito dai tre giovani rivoluzionari caduti, poco più che trentenni, sotto la ghigliottina nello stesso anno, il 1794: Robespierre, Danton e Desmoulins. Ha poi continuato con la Trilogia di Thomas Cromwell di cui sono usciti due volumi e il terzo conclusivo è atteso per il 2019. Thomas Cronwell non è il Cromwell dell’unica esperienza repubblicana tentata nelle isole britanniche; quello è Oliver e lo si studia anche alle medie. Thomas è il primo ministro di Enrico VIII, un politico di umili origini, ma abilissimo e machiavellico, che però non riuscì a sfuggire al tragico destino di tutti coloro che si erano avvicinati al mercuriale monarca inglese.
Roberta e anche Silvia hanno letto
Ne "I vagabondi" Olga Tokarczuk riesce a ripristinare un concetto importantissimo in un’epoca di riflessioni su cosa significa abbandonare un posto e reinventarsi altrove, e su chi ha il diritto di farlo: presentando il movimento come una condizione universale, disciplinata dalla storia ma con una forza anarchica tutta sua, ricorda al lettore che lo spostarsi non è fatto solo da necessità ma anche da desiderio, ed è repressivo tarare qualsiasi discorso sulla migrazione in base all’emergenza e il bisogno, poiché il desiderio di un luogo, o di qualcosa da scegliere, trova uno spazio anche lì... - Su ilLibraio.it Claudia Durastanti racconta il libro cult dell'autrice polacca, che ha ridefinito il rapporto tra scrittura, viaggio e l’io testimoniale
Silvia in lingua originale sta leggendo
Il terzo libro, in lavorazione, si chiamerà The Mirror and the Light.
A risuscitare il romanzo storico nel XXI secolo è stata senz’altro la britannica Hilary Mantel, 69 anni dalle Midlands orientali, l’unica scrittrice a cui è stato assegnato per due volte il Booker Prize, il più prestigioso premio letterario del mondo anglo-sassone. Il bello della faccenda è che la Mantel scrive dei romanzi giganteschi, raramente sotto le 500 pagine. Ha iniziato con una trilogia sulla rivoluzione francese, La storia segreta della rivoluzione, affascinata subito dai tre giovani rivoluzionari caduti, poco più che trentenni, sotto la ghigliottina nello stesso anno, il 1794: Robespierre, Danton e Desmoulins. Ha poi continuato con la Trilogia di Thomas Cromwell di cui sono usciti due volumi e il terzo conclusivo è atteso per il 2019. Thomas Cronwell non è il Cromwell dell’unica esperienza repubblicana tentata nelle isole britanniche; quello è Oliver e lo si studia anche alle medie. Thomas è il primo ministro di Enrico VIII, un politico di umili origini, ma abilissimo e machiavellico, che però non riuscì a sfuggire al tragico destino di tutti coloro che si erano avvicinati al mercuriale monarca inglese.
Roberta e anche Silvia hanno letto
Ne "I vagabondi" Olga Tokarczuk riesce a ripristinare un concetto importantissimo in un’epoca di riflessioni su cosa significa abbandonare un posto e reinventarsi altrove, e su chi ha il diritto di farlo: presentando il movimento come una condizione universale, disciplinata dalla storia ma con una forza anarchica tutta sua, ricorda al lettore che lo spostarsi non è fatto solo da necessità ma anche da desiderio, ed è repressivo tarare qualsiasi discorso sulla migrazione in base all’emergenza e il bisogno, poiché il desiderio di un luogo, o di qualcosa da scegliere, trova uno spazio anche lì... - Su ilLibraio.it Claudia Durastanti racconta il libro cult dell'autrice polacca, che ha ridefinito il rapporto tra scrittura, viaggio e l’io testimoniale
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