Ai giovanissimi redattori che, nella prima metà degli anni
Settanta del secolo scorso, si erano raccolti intorno a lui nel
settimanale «Il Lunedì» – nato per rompere il monopolio conservatore
della Sir di Nino Rovelli sull’informazione sarda – Manlio Brigaglia
diceva che i suoi giornalisti preferiti erano quelli che sapevano
«prendere l’ascensore», cioè quelli che sapevano passare dai temi
«bassi» a quelli «alti» con la stessa accuratezza e lo stesso rigore
intellettuale. Da professore – per oltre vent’anni al liceo classico
«Domenico Alberto Azuni» e poi all’Università di Sassari – Brigaglia
insegnava che per chi fa ricerca, ma più ancora per chi impara a farla,
ovvero gli studenti, la domanda capitale che ogni fatto analizzato pone
è: «Perché?». Mai fermarsi alla semplice descrizione. Andare a fondo,
invece, capire le cause dietro ogni effetto. Nessuna attività
intellettuale – insegnava Brigaglia – ha valore se non è pensiero
critico, la sola forma di pensiero che non lascia disarmati di fronte
alla realtà, la sola forma di pensiero che la realtà può trasformarla. E
ha sempre insegnato, Brigaglia, che la stessa regola vale per il
giornalismo.
Ricordo Brigaglia direttore del «Lunedì» bersagliato sulla scalinata dell’Azuni da una pioggia di monetine tirategli addosso dai militanti di un gruppo neo fascista. Lo accusavano di essersi venduto – con quel foglio che rispondeva a tanti «Perché?» scomodi – al nemico (non c’è bisogno di dire chi fosse il nemico per il Fronte della gioventù). Ricordo le decine di studenti dell’Azuni – di tutti gli orientamenti politici, dai cattolici sino a gruppi della nuova sinistra, che in quella circostanza si strinsero intorno a Brigaglia per proteggerlo da un’aggressione vile e meschina: come un abbraccio a difesa di un uomo giusto.
Brigaglia ci ha lasciato l’altro ieri all’età di 89 anni, stroncato da un malore improvviso. Storico, giornalista, gran divulgatore, persona di raffinata cultura e straordinaria ironia, era nato a Tempio il 12 gennaio del 1929. Nonostante l’età, non aveva mai rinunciato al suo ruolo di voce critica. Onnipresente da oltre cinquant’anni nel dibattito culturale e politico sardo, si era laureato in Lettere classiche a Cagliari. Lasciato l’insegnamento al liceo Azuni, dal 1971 è stato titolare del corso di Storia contemporanea all’Università di Sassari. Dal 1983 al 1985 ha diretto il Dipartimento di Storia dell’ateneo sassarese. Ha collaborato a lungo con l’Istituto sardo per la storia della Resistenza. «Instancabile promotore delle ricerche storiche sul Novecento sardo, biografo di Emilio Lussu, tra gli iniziatori degli studi sull’antifascismo e la nascita dell’autonomia – dice Marina Moncelsi, direttrice dell’Istituto – a lui si devono interpretazioni e strumenti di ricerca con i quali la comunità degli studiosi dovrà confrontarsi ancora per lungo tempo. Il lavoro di organizzazione culturale che ha svolto per decenni con instancabile e capillare alacrità ha suscitato, incoraggiato e stimolato la riflessione e l’attività di una generazione di studiosi e appassionati che oggi lo ricordano con affetto e gratitudine. La sua rigorosa azione intellettuale rappresenta un esempio e una preziosa eredità lasciati a tutti coloro che oggi e nel tempo dedicheranno energie alla costruzione di una Sardegna più consapevole e più libera».
Brigaglia ha continuato fino all’ultimo il suo lavoro di lettura critica della realtà regionale sarda attraverso le pagine di cultura del quotidiano sassarese La Nuova Sardegna, giornale per il quale curava anche una seguitissima rubrica di lettere dei lettori.
[Costantino Cossu 12/05/2018]
Ricordo Brigaglia direttore del «Lunedì» bersagliato sulla scalinata dell’Azuni da una pioggia di monetine tirategli addosso dai militanti di un gruppo neo fascista. Lo accusavano di essersi venduto – con quel foglio che rispondeva a tanti «Perché?» scomodi – al nemico (non c’è bisogno di dire chi fosse il nemico per il Fronte della gioventù). Ricordo le decine di studenti dell’Azuni – di tutti gli orientamenti politici, dai cattolici sino a gruppi della nuova sinistra, che in quella circostanza si strinsero intorno a Brigaglia per proteggerlo da un’aggressione vile e meschina: come un abbraccio a difesa di un uomo giusto.
Brigaglia ci ha lasciato l’altro ieri all’età di 89 anni, stroncato da un malore improvviso. Storico, giornalista, gran divulgatore, persona di raffinata cultura e straordinaria ironia, era nato a Tempio il 12 gennaio del 1929. Nonostante l’età, non aveva mai rinunciato al suo ruolo di voce critica. Onnipresente da oltre cinquant’anni nel dibattito culturale e politico sardo, si era laureato in Lettere classiche a Cagliari. Lasciato l’insegnamento al liceo Azuni, dal 1971 è stato titolare del corso di Storia contemporanea all’Università di Sassari. Dal 1983 al 1985 ha diretto il Dipartimento di Storia dell’ateneo sassarese. Ha collaborato a lungo con l’Istituto sardo per la storia della Resistenza. «Instancabile promotore delle ricerche storiche sul Novecento sardo, biografo di Emilio Lussu, tra gli iniziatori degli studi sull’antifascismo e la nascita dell’autonomia – dice Marina Moncelsi, direttrice dell’Istituto – a lui si devono interpretazioni e strumenti di ricerca con i quali la comunità degli studiosi dovrà confrontarsi ancora per lungo tempo. Il lavoro di organizzazione culturale che ha svolto per decenni con instancabile e capillare alacrità ha suscitato, incoraggiato e stimolato la riflessione e l’attività di una generazione di studiosi e appassionati che oggi lo ricordano con affetto e gratitudine. La sua rigorosa azione intellettuale rappresenta un esempio e una preziosa eredità lasciati a tutti coloro che oggi e nel tempo dedicheranno energie alla costruzione di una Sardegna più consapevole e più libera».
Brigaglia ha continuato fino all’ultimo il suo lavoro di lettura critica della realtà regionale sarda attraverso le pagine di cultura del quotidiano sassarese La Nuova Sardegna, giornale per il quale curava anche una seguitissima rubrica di lettere dei lettori.
[Costantino Cossu 12/05/2018]
Nessun commento:
Posta un commento