mercoledì 1 marzo 2017

Il mare traverso, Antonio Rolli

Ci vuole un po’ per mettere a fuoco quel richiamo distante ma preciso che evoca lo smilzo e denso libro di Antonio Rolli Il mare traverso (Besa Editore, pp. 81, euro 12). Quando lo si coglie, si rischia lo stupore scoprendo che non è un altro libro ma un disco, Creuza de mà, capolavoro di Fabrizio De Andrè e Mauro Pagani. Proprio come in quell’insuperato cd, nel libro di Rolli si respira dalla prima all’ultima riga l’atmosfera del Mediterraneo: i suoi colori, la sua gente, in questo caso quella del Salento, e persino i suoi sapori ma ancora prima la cultura meticcia e incrociata che del Mediterraneo è l’anima.
MARE CHE È COME LA VITA ma sul quale grava l’ombra della morte, dei barconi rovesciati, dei migranti annegati, dei trafficanti di carne umana che ci si riempiono il portafogli e dei mercanti di terrore che ci fanno il pieno di voti. In questa storia che somiglia a un apologo Rolli, giornalista già collaboratore del manifesto ora alla sua prima prova come scrittore, parla di entrambi, il mare di morte e quello da cui viene la vita. Come il suo protagonista, l’autore è consapevole di quanto oggi prevalgano i nuvoloni carichi di disgrazia, ma sceglie di denunciare quel che manca al mondo di oggi per una via opposta a quella abituale. Invece che soffermarsi sulla miseria del presente, sull’egoismo e la chiusura, sulla paura che produce paura e induce odio, volge la narrazione in positivo: svela il meglio per inchiodare il peggio.
Il meglio, in questo caso, è Giuseppe, un libraio del Salento che ama le pagine stampate quanto le onde e sa che tra gli uni e le altre non passa troppa differenza. Quando Francesca, una ragazza come tante ma a differenza di tante innamorata di un profugo siriano cieco, Nisrim, gli chiede di mettere in mare il suo peschereccio per accompagnarla a prendere l’innamorato a Creta, Giuseppe non esita. Anche se presagisce che il viaggio sarà più pericoloso di quanto non prometta, che non dovrà mettere in gioco solo qualche ora di viaggio imprevisto in acque di cui conosce ogni segreto.
NISRIM si è preparato un viaggio se non di tutto riposo almeno tale da ridurre al minimo i pericoli. Niente barconi per lui, nessuna traversata ad alto rischio di annegamento. Ma il destino ci si mette di mezzo e per complicare le cose sceglie le forme di Hanan, una bimba che si ritrova sola nella barca destinata a seguire una rotta inversa a quella immaginata da Nisrim: quella più pericolosa. I destini del libraio salentino, del profugo siriano e della piccola curda si incroceranno così in modo ben diverso da quello immaginato da Francesca nel pieno di un terribile tempesta.
Rolli non è tanto ingenuo da fingere che fare le cose giuste sia gratuito. Sa che ci vuole coraggio e che il prezzo della generosità può essere salato. Ma sa anche che quel che se ne ricava vale anche di più. Giuseppe, come Nisrim, viaggiano controcorrente rispetto all’egoismo del mondo non solo per senso del dovere e generosità d’animo ma perché sono consapevoli che senza generosità e coraggio la vita si riduce a miserevole sopravvivenza. Il rischio vale la candela.
Nel passaggio più emblematico del romanzo, in una scena surreale che non sarebbe dispiaciuta a Jorge Amado, i profughi, abbandonati ai flutti dai trafficanti in fuga imbracciano tutti gli strumenti e improvvisano un concerto contro gli elementi scatenati che li assediano, per contrappore fede nella vita alla morte che li circonda.
[1/03/2017 Andrea Colombo]

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Commenti

il 12/08 SR ha commentato Non credo che D'Avenia possa far parte del nostro blog. Certo i suoi libri sono best-sellers tra gli adolescenti, e probabilmente hanno il merito di avviare qualche giovane alla lettura, ma la banalità delle situazioni e del linguaggio non permettono di considerare questi testi letteratura. Diciamo che sono testi "di servizio", nella migliore delle ipotesi. su Prossimamente
il 14/05 SR ha commentato Purtroppo J.K.J. non sembra più funzionare con le ultime generazioni: un tentativo di leggere a scuola Three Men In a Boat è finito miseramente in noia. I ragazzi non capivano cosa c'era da ridere e io non capivo perché non capivano. Tristissimo. Jerome per me è finito in quell'armadio dove tengo gli autori speciali che voglio proteggere dagli studenti... su Jerome K. Jerome, fare ridere l’uomo moderno, spaventato
il 29/02 Ida ha commentato A proposito di classifiche: "Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove." Anch'io,come U.ECO sono andata al cinema nel modo ricordato e quindi io amo ricordare e vorrei tanto poter fare liste di su Chi siamo
il 28/02 Ida ha commentato Grazie Roberta per aver riaperto il blog.Trovo che è un modo per uscire dalla solitudine delle letture personali.Scrivere e leggere accanto, trovo che è un bel modo per parlarci e parlarmi. su Chi siamo