Di
mio ho, invece, continuato con la musica .Approfondendo le suggestioni del
rapporto tra jazz e Belgio. E ho scoperto che tra i tanti meriti della nazione
(ahimè assai di attualità in questi terribili giorni) c'è anche quello di
avere dato i natali alla prima rivista europea di jazz nel 1946 che si chiamava
"Hot club magazine". Nel primo numero dedicava un articolo ad un signore oggi dimenticato che
si chiamava Don Redman e che è stato, ancor prima di Ellington, l'inventore
dell'orchestrazione jazzistica e dell'arrangiamento. Perché ve ne parlo? In
realtà per parlarvi di una delle sue composizioni più famose: "Chant of
the weed" Il canto dell'erbaccia, dall'atmosfera morbida e cullante, in
cui prevalgono i clarinetti. Trattasi di uno dei grandi standard del jazz e
l'erbaccia è la marijuana di cui tutti jazzisti di quella generazione, a
partire dal consumatore quotidiano Louis Armstrong, erano convinti fumatori.
Chissà se i ritmi pigri e un po’ trasognati di tanto jazz di New Orleans non
risentano proprio di questo. Il brano fa pendant con l'altro grande hit sulla
droga che è Stardust, Polvere di stelle, di Hoagy Carmichael. Maria e pigrizia
dei negri, Coca e nevrosi dei bianchi? Chissà ? anche perché Carmichael,
georgiano, era assai cool. In ogni caso la cosa mi ha divertito molto ( ascolti
eventuali su you tube, of course, come gli altri di cui vi parlerò).
Poi
è uscito un CD a firma Stefano Bollani il cui titolo è bellissimo: "Joy in spite of everything", la
gioia nonostante tutto. L'album è molto bello ma è proprio il titolo che colpisce. Un uomo di straordinario talento e
dal multiforme ingegno che, finalmente, non se la tira adducendo rovelli
esistenziali e la drammaticità dell'esistenza. La cosa curiosa è che i brani, a
parte il primo che è un calypso straordinario e l'ultimo che dà il titolo alla
raccolta, sono tutti piuttosto malinconici (ma si sa i clown hanno sempre un
fondo di tristezza). A dirla tutta io
con Bollani ho sempre avuto questo problema. Gli ho sempre riconosciuto un
enorme talento ma anche una sostanziale superficialità (coperta dal
scintillio). E se mi fossi sbagliato? Se
fossero proprio le superfici ad essere interessanti? Non è un pensiero
che ho da oggi, il titolo bollaniano funziona un po' da catalizzatore. Perché
di due cose sono abbastanza convinto. E cioè che difficilmente è credibile il
lamento di un uomo bianco occidentale nato dopo il 1945 ( e questo ancora oggi,
nonostante la crisi). In secondo luogo non è mai stato così vero come negli ultimi 60 anni che, sempre
nella nostra assai piccola porzione di mondo, la forma estetica più utile per
leggere il mondo sia quella della
commedia. Provo a fare un'affermazione paradossale. Dopo Auschwitz
ed Hiroshima, dopo l'enormità, tutto quello che ci è accaduto non può che
essere "ridicolo" (resta fondamentale, perciò, non filmare Auschwitz, non
filmare Hiroshima, con buona pace di Benigni) . E d'altra parte mi pare che
proprio il witz ebraico ce l'abbia insegnato. Insomma sembra sempre più vera
l'affermazione di Marx, Karl non Groucho, sulla storia come farsa e come
tragedia.
Un'ulteriore
conferma ci è stata data da un film molto bello che ha chiuso degnamente il 2014
e si chiama "L'amore bugiardo"
ed è diretto da David Fincher. da recuperare assolutamente se non l'avete
visto.
"L'amore bugiardo" è una commedia di
rimatrimonio e quindi Howard Hawks, girata un po' come Psyco e/o Vertigo, e
quindi sir Alfred Hitchcock, con una forte riflessione sulla maschera come
condizione amorosa e direi più in generale esistenziale, e quindi Billy Wilder
ma anche, se preferite, Pirandello. Con in aggiunta un sottotesto satirico
assai acido sulla c.d. Tv del dolore che anche in America la fa da padrona. E
si ride, ci si angoscia, ci si emoziona, si sospende l'incredulità, insomma ci
si diverte molto e alla fine non se ne salva nessuno (in senso metaforico, non
vi ho assolutamente svelato il finale) a partire dalla società americana
ovvero, ancora per il momento, occidentale.
Discorsi
un po' lunghi e forse un po' sconclusionati. Sono abbozzi di pensiero su cui da
un po' mi interrogo. Per cui attendetevi, a parte, un qualche altro
approfondimento un po' più argomentato. ( anche le "Lulu" stanno
continuando anche se con una certa fatica).
Certo
il disco di Bollani è molto bello anche perché ha riunito una band strepitosa
con due danesi e due americani. Vi risparmio i nomi salvo uno, il chitarrista
Bill Frisell che da ormai una ventina d’anni è uno dei più grandi produttori di
suoni che sia dato ascoltare. Nel disco in questione è particolarmente
jazzistico. Ma lui riesce a suonare veramente di tutto. In particolare vi
vorrei segnalare uno dei suoi ultimi CD
che si intitola “Testament Of Solomon”. Vi ricordate “Shir Hashirim” l’album
per sole voci femminili composto da John Zorn che vocalizzava il Cantico dei
cantici? “Testament Of Solomon” è la sua coda o meglio il suo controcanto.
Anche qui musiche composte da Zorn ispirate al Cantico ma eseguite da un
ensemble, che si chiama “Gnostic trio”,
costituito da Frisell alla chitarra, un signore che si chiama Kenny Wollensen
al vibrafono e una straordinaria arpista dal nome di Carol Emanuel. Musica
indefinibile - né jazz, né fok, né classica- il cui effetto è una specie di carezza al
cervello ( oltre che alle orecchie). Un altro chant of the weed?
Certo
però che Bollani è proprio un bel tipo.
Oltretutto
man mano che incide (o quando lo seguo in televisone a parlare di musica) mi
rendo conto che ha un immaginario musicale fatto da tutte le cose che mi
piacciono. Il jazz ovviamente, il musical americano, Gershwin, Ravel, Prokoviev
e – tanto - il Brasile (anche Carosone e certa musica leggera italiana tra gli
anni 30 e i 60 e qui lo seguo un po’ meno).
Ma
fermiamoci sul Brasile su cui val la pena di aprire un’altra parentesi.
Per
quanto mi riguarda uno degli eventi culturali fondamentali del 2014 è stata la
scoperta di Amado e la lettura di “Dona Flor”. Sono ancora qui che mi chiedo
come ho fatto a mancarlo ormai (però!) 30 anni fa. Però è anche consolante fare
scoperte ancora alla mia età.
In
ogni caso ho rispolverato la mia raccolta di CD brasiliani – si sa che i jazz
fan amano tutti anche la musica brasiliana. Ed inoltre c’è stata l’uscita quasi
contemporanea dei due nuovi dischi dei vecchi eroi “tropicalisti”. Gilberto Gil
ha pubblicato “Gilbertos Samba” e
l’amato Caetano Veloso addirittura un CD dal vivo “Multishow Ao Vivo Abracaco” che contiene una
canzone “Homen” in cui compaiono questi versi destinati all’immortalità, quantomeno pop: “Non invidio la maternità, né l’allattamento/ non invidio la
fedeltà/ invidio solo la durata dell’orgasmo multiplo/ io sono uomo, pelle
spessa sopra i muscoli/ peli duri nelle narici…”.
Queste
considerazioni velosiane mi portano, a questo punto, a parlarvi di quello che è
stato per me l’avvenimento più clamoroso degli ultimi mesi. Sabato scorso, 17
gennaio 2015, alle ore 21,34, ho
scoperto di essere gay.
Vi
racconto com’ è andata.
Sabato
avevo uno dei soliti malanni da anziano che mi capitano sempre più spesso e me
ne sono rimasto a casa. Così ho scoperto che il sabato sera non fanno un cazzo
in TV salvo la vecchia trasmissione “Che tempo che fa”. A un certo punto il
conduttore, Fazio, ha intervistato Alessandro Gassman che presentava il nuovo
film, diretto dalla Archibugi, che è il remake di una commedia francese di
qualche anno fa. Si racconta di una cena tra vecchi amici che si trasforma in
una furibonda litigata. Una delle cause scatenanti è che uno dei personaggi, un
musicista single, scopre che gli amici da sempre pensano che sia omosessuale. E
quando gli amici gli spiegano perché gli recitano una specie di decalogo dei
sintomi che indicano che un maschio è inequivocabilmente gay.
Ebbene
sono i seguenti:
1)
Il presunto gay (d’ora in poi p.g.) ama
profumarsi. Io non solo amo profumarmi ma adoro tutti i profumi. Un tempo li ho
anche studiati a lungo.
2)
Il p.g. ama anche profumare la casa e
soprattutto bruciare bastoncini d’incenso. Io adoro bruciare oltre all’incenso
qualunque legno profumato. Come aggravante adoro i fiori recisi. A casa mia in
stagione c’è sempre un mazzo di calle fresche che acquisto personalmente (passione che condivido con il compagno comunista e amico Vittorio Rubello,
parrucchiere di Katia Ricciarelli e mio). Ho anche provato a coltivare le
gardenie ma è difficilizzimo.
3)
Il p.g. ama accompagnare le figlie
piccole degli amici alla scuola di danza. Io non l’ho mai fatto ma solo perché
le fanciulle in questione non hanno mai fatto danza. Però le accompagno al
cinema. In particolare, un tempo, a vedere le Twinks. Mi ero anche scelto una
Twinks con cui identificarmi che era una negretta. Io accompagnerei anche i
piccoli ma poi un po’ si annoiano. I bambini amano parlare di sport e di
automobili. E io, di che parlo? Di sport non capisco un cazzo. Mi piacciono
solo la boxe e il calcio giocato dai brasiliani ( non a caso i due sport che
più assomigliano alla danza). Quanto alle macchine, puzzano e io amo
fondamentalmente i taxi.
4)
Il p.g. adora Maria Callas e Billie
Holyday. Che la Callas fosse l’icona gay per eccellenza lo sapevo. Io non amo
la lirica ma sono sempre travolto dalla sua voce. Il problema è che idolatro
Billie che considero la più grande cantante di tutti tempi e l’unica cantante veramente
jazzista. Ne possiedo la discografia integrale e almeno una volta alla
settimana “devo” ascoltare un suo album.
5)
Il p.g. usa biciclette con la pedalata
assistita. Questa manca ma, hai visto mai?
Ma
soprattutto
6)
Al
p.g. piace John Wayne. E qui c’è stato il crollo. Sì è vero ho
un ritratto di John Wayne in ufficio (è insieme a Ford e ad altri attori), ma
non è questo. Il fatto è che nel mio salotto, e qualcuna di voi l’ha anche
visto, troneggia un bellissimo ritratto del Duca. E’ la riproduzione di un’opera
di Wahrol che mi sono addirittura fatto arrivare da New York, tanto mi piaceva.
Una foto degli anni’60 ritoccata con
deliziosi violetti e rosa. La cosa mi sembrava ironica, la pop art che
prendeva per il culo (appunto) il macho e invece…John Wayne è come la Callas,
un’icona gay. E, poi, nella mia lunghissima scelta di film chi c’è tra i primi
10, se non “Sentirei selvaggi” e “Rio
bravo”. E vogliamo dimenticare “Hatari” o “Rio Lobo” o “Il fiume rosso” o ….
Insomma
è andata così.
Naturalmente
ho provato ad avere altri riscontri. Le mie colleghe - io lavoro solo con donne
– hanno simpaticamente cambiato discorso.
Mia moglie ha fatto il sorriso della Gioconda. La più cara è stata mia
madre. La simpatica vegliarda mi ha detto “Ma Andrea sono anni che ti dico che
sei una checca. D’altra parte in ogni famiglia uno più o meno gay c’è sempre.
E’ toccata a te”. Ho ringraziato. Insomma non solo arricchimenti intellettuali
alla mia età. Ci rifletterò.
Bene
mi resta il problema di concludere dopo il coming out. E lo farò, come spesso,
con qualche aforisma su cui invitarvi a meditare. Tema, e come poteva essere
altrimenti, l’amore.
“
Quando si è innamorati, si comincia con l’ingannare se stessi e si finisce con
l’ingannare gli altri. E tutto questo il mondo lo chiama poesia (romance)”. Di Oscar Wilde a questo
punto, direi, scontatamente. Ma il prossimo è ancor più bellino.
“Amore
è donare quello che non si ha a chi non lo vuole” Jacques Lacan.
Buona
notte e buona fortuna.
Andrea
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