lunedì 6 gennaio 2025

Un consiglio: Locus Desperatus di Michele Mari

Non è un libro per tutte le stagioni. Non leggetelo in un momento di depressione, o di super lavoro o se pensate che lo stress stia giocando con la vostra memoria. In tutti gli altri casi, è un libro molto interessante.

All'inizio la lettura è un po' faticosa: il gioco linguistico sembra un po' pedante, poi si decolla (non arrendetevi!) in un viaggio kafkiano (ancora Kafka, sempre Kafka...) dentro una mente che si sta disintegrando. Il protagonista è un personaggio eccentrico, isolato, senza relazioni umane di nessun tipo. un accumulatore seriale di libri e di oggetti di qualsiasi tipo, sia preziosi che di nessun valore materiale. Le pagine sui libri sono molte belle, stimolanti, eccitanti, perfino. Ma il destino dei libri è strettamente collegato al destino del protagonista.

Un tuffo nella follia di un sistema incomprensibile che ti mangia i ricordi, letteralmente e concretamente. 

Non possiamo non dirci kafkiani...

 Sul finire dell'anno dedicato all'autore, ci siamo trovate (dove sono gli uomini quando servono?!) per discutere di Franz Kafka.

 Partiamo dall'aggettivo kafkiano: sicuramente non tutti hanno letto Kafka, ma sicuramente moltissima gente usa l'aggettivo kafkiano. e, infatti, sta nel vocabolario. La Treccani dice: che richiama l'atmosfera tipica dei racconti di Kafka, e quindi, inquieto, angoscioso, desolante o paradossale, allucinante, assurdo; che colpisce per la spaventosa assurdità dei suoi risvolti; incredibile, inverosimile, spaventoso.

Termine equivalente potrebbe essere perturbante nell'accezione freudiana ... con riferimento a qualcosa che è estraneo e familiare a un tempo, e risuona proprio per questa sua ineliminabile e spiazzante ambiguità.

Il Processo mi è sempre sembrato il testo che meglio rappresenta queste caratteristiche di straniamento, soprattutto usando i luoghi come chiave per esplorarle: la prima udienza si tiene in una soffitta di periferia a cui si accede tramite una cucina; la casa del pittore non ha finestre ma una seconda porta che misteriosamente si apre sulle cancellerie del tribunale; il duomo sembra cambiare forma man mano che K. lo percorre e discute la sua posizione (è questo il suo processo? Dopo tutto, poco dopo c'è l'esecuzione).

Niente ha senso, tanto meno l'esecuzione passiva, senza una sentenza ufficiale. E' tutta un'allucinazione? K. sta impazzendo? Certo il romanzo è il viaggio in una mente che corre verso la follia, ma anche in una società che non ha più punti fermi:

 ...le nostre autorità...non cercano già la colpa nella popolazione ma, come dice la legge, sono attirate dalla colpa e devono mandare noi a fare i custodi. Questa è la legge. Come potrebbe darsi un errore?

Si rese soltanto conto dell'inutilità di opporre resistenza...Era ancora possibile ricevere aiuto? C'erano obiezioni dimenticate? Certo che ce n'erano. La logica è bensì incrollabile, ma non resiste a un uomo che vuol vivere. Dov'era il giudice che egli non aveva mai visto? Dove il supremo tribunale fino al quale non era mai arrivato? Alzò le mani e allargò le dita.

E' una resa totale. Malgrado muoia interrogandosi legittimamente sulla sua vicenda, K. è esausto per la lotta incomprensibile che ha dovuto sostenere e si lascia sgozzare come un animale al macello, ultimo sentimento la vergogna. Nel Processo vediamo la disgregazione quasi improvvisa della sicurezza e del senso di superiorità del personaggio K., che perde le sue certezze, non ha più punti di riferimento, si trova immerso in una realtà destrutturata ed evanescente (e lo stesso si può dire di Gregor Samsa o dell'agrimensore nel Castello). Il protagonista è smarrito, non è più in grado di svolgere il suo lavoro e non riesce più a controllare le proprie emozioni e i rapporti con le persone che lo circondano. L'assurdità della situazione lo sfinisce e l'alienazione è totale e tragica.

Come K. nel romanzo, anche noi lettori continuiamo a porci domande sull'autore a cui è molto difficile rispondere. Come interpretare la sua simbologia, così densa e complessa da decifrare? La burocrazia impossibile rappresenta la decadenza dell'Impero Austro-Ungarico o l'ombra dei nascenti totalitarismi? E' possibile una lettura freudiana dell'opera di Kafka? E' possibile una resa cinematografica che allarghi la platea di chi riflette sul nostro? (Ricordo solo un tentativo, per me riuscito, di Orson Welles).

Dopo più di un secolo ci stiamo ancora interrogando. Una cosa è certa: della grande generazione del Modernismo, Kafka sembra l'autore che più si è concentrato non solo sul rapporto dell'uomo moderno con se stesso e la propria mente, ma anche, e soprattutto, sul suo rapporto con la società del '900. Ed è l'autore di quella generazione che più ha influenzato il pensiero, se non la tecnica letteraria, di un vastissimo pubblico di lettori, di scrittori, ma anche di tante persone che di letteratura non sanno niente. Situazione kafkiana.

Commenti

il 12/08 SR ha commentato Non credo che D'Avenia possa far parte del nostro blog. Certo i suoi libri sono best-sellers tra gli adolescenti, e probabilmente hanno il merito di avviare qualche giovane alla lettura, ma la banalità delle situazioni e del linguaggio non permettono di considerare questi testi letteratura. Diciamo che sono testi "di servizio", nella migliore delle ipotesi. su Prossimamente
il 14/05 SR ha commentato Purtroppo J.K.J. non sembra più funzionare con le ultime generazioni: un tentativo di leggere a scuola Three Men In a Boat è finito miseramente in noia. I ragazzi non capivano cosa c'era da ridere e io non capivo perché non capivano. Tristissimo. Jerome per me è finito in quell'armadio dove tengo gli autori speciali che voglio proteggere dagli studenti... su Jerome K. Jerome, fare ridere l’uomo moderno, spaventato
il 29/02 Ida ha commentato A proposito di classifiche: "Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove." Anch'io,come U.ECO sono andata al cinema nel modo ricordato e quindi io amo ricordare e vorrei tanto poter fare liste di su Chi siamo
il 28/02 Ida ha commentato Grazie Roberta per aver riaperto il blog.Trovo che è un modo per uscire dalla solitudine delle letture personali.Scrivere e leggere accanto, trovo che è un bel modo per parlarci e parlarmi. su Chi siamo