sabato 18 febbraio 2023

È nostro il «fallimento» dei giovani

 



Una ragazza di diciannove anni di recente si è suicidata nei bagni dell’Università. A Milano, ma avrebbe potuto essere in qualsiasi altro posto – ma che sia Milano, città della vita devoluta al lavoro, assume un senso particolare. Quella ragazza ha lasciato scritto: «Nella vita ho fallito tutto». Un fatto così é davvero il segno più lacerante di questi tempi. Non sarebbe successo, in un altro. Non che i giovani non si togliessero la vita a diciannove anni. Ma non per questi motivi, per aver “fallito tutto”, quando ancora tutto ha da iniziare; e in un’età in cui si è ancora, diversamente che in altri tempi, adolescenti.

Ho la fortuna, da insegnante di filosofia al liceo, di parlare con i giovani di questi argomenti, e tocco con mano, anno dopo anno, come sia il fallimento il loro incubo universale. Una generazione sovrastata dagli imperativi prestazionali di un mondo in cui massimamente virtuosa è la competizione, in cui ognuno deve conquistare la propria identità personale e insieme ascendere nella scala sociale grazie al proprio spirito di iniziativa, alla propria intraprendenza. Un processo, questo, evidentemente acceleratosi dagli anni Ottanta, col dilagare della rivoluzione culturale neoliberista, il cui motto sta nell’enunciato di Margaret Thatcher «la società non esiste, esistono solo gli individui».

E’ un mondo in cui tutto é disponibile, tutto é possibile, e prenderselo tocca solo a te, imprenditore di te stesso. Il tuo valore dipende solo da te: just do it. Le norme sociali ti impongono di fare, tu sei sovrainvestito di attese, di aspettative, di immagini «eccellenti» che il mondo ti propone – e il terrore è quello di non essere all’altezza di tutte queste richieste. È’ troppo. Lo apprendi in ogni istante della vita, dalla famiglia, dai media, dai social, dalla scuola (che ti propone un’immagine di te standardizzata e misurabile, col “portfolio delle competenze”). E’ troppo. E crolli. Di fronte al peso della tua inadeguatezza, dell’insufficienza. Della vergogna per non essere abbastanza. Le frustrazioni sono insopportabili per un Io che è stato sovrainvestito di attese, di aspettative. In questo consistono le patologie narcisistiche. La vergogna – una gogna, appunto – un supplizio che non si regge, e si fa fronte ad essa in tanti modi – con i disturbi del comportamento alimentare, col ritiro sociale, col panico – fino a scomparire del tutto. Quella ragazza che si é tolta la vita ha molto a che fare col fallimento: col fallimento che siamo tutti quanti noi, col fallimento che è la società che lasciamo in sorte ai giovani.

I giovani, come dicevo, hanno tutto questo molto chiaro. Uno splendido manifesto del loro disagio, e della consapevolezza di questo disagio, lo ha articolato Emma Ruzzon, rappresentante degli studenti dell’Università di Padova, all’inaugurazione dell’anno accademico: «Siamo stanchi di piangere i nostri coetanei», ha detto, «e vogliamo che tutte le forze politiche presenti si mettano a disposizione per capire, insieme a noi, come attivarsi per rispondere a questa emergenza, ma serve il coraggio di mettere in discussione l’intero sistema meritocentrico e competitivo».

Poi, sul giornale (quello con la maiuscola, dico: il Giornale) trovi un articolino di Stefano Zecchi che invece ci dice che «non ci si può sottrarre alla competizione», e che imputa la volontà di sottrarsi a essa alla «virtualità» che «porta a non confrontarsi con la vita vera», quando invece la virtualità – basterebbe che avesse letto Pietropolli Charmet – va proprio nella direzione dell’approvazione, dell’ammirazione, dello specchio narcisistico, e della correlata vergogna sociale. E dopo aver letto questo rinnovato elogio della competizione come riflessione a margine del suicidio nei bagni dell’Università, ti viene solo da pensare in che mani siamo, questi sono gli «educatori», aguzzini prestazionali che ai giovani hanno da offrire solo infelicità.

Il ribaltamento di queste logiche prestazionali maschili non può che venire da donne come Emma. E l’antitesi del becero senso comune da esempi di sottrazione alla volontà di potere e di dominio come hanno dato di recente due donne – la scozzese Nicola Sturgeon e la neozelandese Jacinda Ardern – che si sono dimesse dalla carica di premier, rinunciando alla propria “eccellenza” rivendicando il non farcela più, l’essere esauste, il rifiuto della brutalità della politica, e dicendo, ambedue: “I am human”.

* autore di “Soffro dunque siamo. Il disagio psichico nella società degli individui” (minimum fax 2023).

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Commenti

il 12/08 SR ha commentato Non credo che D'Avenia possa far parte del nostro blog. Certo i suoi libri sono best-sellers tra gli adolescenti, e probabilmente hanno il merito di avviare qualche giovane alla lettura, ma la banalità delle situazioni e del linguaggio non permettono di considerare questi testi letteratura. Diciamo che sono testi "di servizio", nella migliore delle ipotesi. su Prossimamente
il 14/05 SR ha commentato Purtroppo J.K.J. non sembra più funzionare con le ultime generazioni: un tentativo di leggere a scuola Three Men In a Boat è finito miseramente in noia. I ragazzi non capivano cosa c'era da ridere e io non capivo perché non capivano. Tristissimo. Jerome per me è finito in quell'armadio dove tengo gli autori speciali che voglio proteggere dagli studenti... su Jerome K. Jerome, fare ridere l’uomo moderno, spaventato
il 29/02 Ida ha commentato A proposito di classifiche: "Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove." Anch'io,come U.ECO sono andata al cinema nel modo ricordato e quindi io amo ricordare e vorrei tanto poter fare liste di su Chi siamo
il 28/02 Ida ha commentato Grazie Roberta per aver riaperto il blog.Trovo che è un modo per uscire dalla solitudine delle letture personali.Scrivere e leggere accanto, trovo che è un bel modo per parlarci e parlarmi. su Chi siamo