Una giornata passata con la schiena piegata sui campi in attesa
della paga, di fame, giornaliera. E quando arriva il momento, il
padroncino che promette: «lavori bene, ti prendo con me per sempre.
Domani ci vediamo alla stessa ora di questa mattina». La prospettiva è
un salario, di merda, ma certo, evitando così l’umiliazione di essere
scelto, come fosse una bestia, nello svincolo di una squallida via
pugliese.
IL GIORNO DOPO, il protagonista di questa storia di ordinaria ingiustizia si presenta in forte anticipo, ma il padroncino non si fa vedere né allora né in seguito. È questo il primo rapporto con un mercato del lavoro con caratteristiche schiavistiche di Aboubakar Soumahoro, sindacalista Usb, orginario della Costa d’Avorio, divenuto uno dei volti noti di un sindacalismo radicale perché legato a concretissime aspirazioni di «umanità e giustizia sociale».
ABOUBAKAR ha ora messo in parole scritte molte delle cose sostenute con pazienza e documentazione nelle interviste rilasciate o quando ha preso la parola in trasmissioni in prima serata («Propaganda Live», ma non solo). Il libro, pubblicato da Feltrinelli con il titolo Umanità in rivolta (pp. 125, euro 13), alterna ricordi personali a riflessioni su una filiera produttiva – l’agro alimentare – che produce un fiume di profitti sulla pelle di migranti e non solo pagati poche decine di euro a giorno.
L’AUTORE LO SCRIVE senza girarci intorno: lo sfruttamento è la caratteristica dominante nelle campagne italiane. E se è ormai drammaticamente noto che la maggioranza dei salariati sono migranti, Aboubakar Saumahoro ricorda anche la donna «italianissima» morta di fatica nelle campagne pugliesi, punta anche lei di un iceberg che pochi vogliono vedere.
Lo sfruttamento è dunque indifferente al colore della pelle, nonostante non possa essere taciuto il fatto che la maggioranza degli omicidi da lavoro nell’agricoltura coinvolga uomini e donne migranti morti in incidenti stradali o negli incendi che scoppiano nei piccoli, tanti lager dove sono segregati tanto i «regolari» che gli «irregolari».
Le parti più analitiche del libro sono quelle sullo sfruttamento nella filiera dell’agro-alimentare e quella sulla razzializzazione del mercato del lavoro. La prima è una filiera globale tanto nella produzione che nella distribuzione e vendita. I profitti – miliardi e miliardi di euro – sono garantiti di salari da fame nella produzione e nella logistica (i facchini). Importante è che l’autore abbia tenuto insieme i due momenti, perché la produzione senza una distribuzione just in time vedrebbe realizzati lentamente i profitti che invece scorrono senza intoppi attraverso il lavoro semischiavistico di agricoltori e facchini.
ALTRETTANTO COINVOLGENTE è l’analisi sulla razzializzazione del mercato del lavoro. I migranti sono stati sottoposti a un regime progressivo di apartheid sin dagli anni Ottanta del Novecento. Segregati nelle campagne e nelle città, con una riduzione e un rifiuto istituzionalizzato di diritti civili, sociali e politici dei quali Matteo Salvini è l’ultima, in ordine di tempo, manifestazione Qui Aboubakar Saumahoro è amaro nel suo pacato realismo: non c’è stata nessuna sostanziale differenza tra governi di centro sinistra e centro destra.
L’unica diversità è che questi ultimi non nascondono il razzismo di stato dietro l’ipocrisia e i tempi più lenti come invece hanno fatto e fanno quando sono al governo le coalizioni di centro sinistra.
L’autore non sostiene però che tutti sono uguali. Il suo sindacato, l’Unione sindacale di base, non nasconde il fatto di essere di sinistra e di essere un sindacato di classe, ma sa che non ci sono «governi amici» quando si richiedono diritti civili, sociali per i lavoratori. La discriminante è se vengono accolte le proposte avanzate. E Aboubakar Soumahoro invita il lettore a tessere con pazienza relazioni che portino anche a piccoli risultati, ma costanti nel tempo e nelle spazio sociale.
IN FONDO, le grandi e radicali trasformazioni si costruiscono seguendo il passo più lento di chi è in marcia. Lo diceva una icona della sinistra mondiale, il Che. Con meno enfasi lo dice anche quest’uomo che fa parte di quella genia di uomini e donne che «non mollano mai». Sia quando sono sconfitti. Sia quando hanno piccole, ma seminali vittorie.
Il libro sarà presentato sabato 11 maggio al Salone del libro di Torino in due occasioni: alle 13,30, alla sala Ora, con il sindaco di Riace Mimmo Lucano e la scrittrice Nadia Terranova; e alle 16 in dialogo con Michela Murgia nell’Arena Robinson.
[Benedetto Vecchi 08/05/2019]
IL GIORNO DOPO, il protagonista di questa storia di ordinaria ingiustizia si presenta in forte anticipo, ma il padroncino non si fa vedere né allora né in seguito. È questo il primo rapporto con un mercato del lavoro con caratteristiche schiavistiche di Aboubakar Soumahoro, sindacalista Usb, orginario della Costa d’Avorio, divenuto uno dei volti noti di un sindacalismo radicale perché legato a concretissime aspirazioni di «umanità e giustizia sociale».
ABOUBAKAR ha ora messo in parole scritte molte delle cose sostenute con pazienza e documentazione nelle interviste rilasciate o quando ha preso la parola in trasmissioni in prima serata («Propaganda Live», ma non solo). Il libro, pubblicato da Feltrinelli con il titolo Umanità in rivolta (pp. 125, euro 13), alterna ricordi personali a riflessioni su una filiera produttiva – l’agro alimentare – che produce un fiume di profitti sulla pelle di migranti e non solo pagati poche decine di euro a giorno.
L’AUTORE LO SCRIVE senza girarci intorno: lo sfruttamento è la caratteristica dominante nelle campagne italiane. E se è ormai drammaticamente noto che la maggioranza dei salariati sono migranti, Aboubakar Saumahoro ricorda anche la donna «italianissima» morta di fatica nelle campagne pugliesi, punta anche lei di un iceberg che pochi vogliono vedere.
Lo sfruttamento è dunque indifferente al colore della pelle, nonostante non possa essere taciuto il fatto che la maggioranza degli omicidi da lavoro nell’agricoltura coinvolga uomini e donne migranti morti in incidenti stradali o negli incendi che scoppiano nei piccoli, tanti lager dove sono segregati tanto i «regolari» che gli «irregolari».
Le parti più analitiche del libro sono quelle sullo sfruttamento nella filiera dell’agro-alimentare e quella sulla razzializzazione del mercato del lavoro. La prima è una filiera globale tanto nella produzione che nella distribuzione e vendita. I profitti – miliardi e miliardi di euro – sono garantiti di salari da fame nella produzione e nella logistica (i facchini). Importante è che l’autore abbia tenuto insieme i due momenti, perché la produzione senza una distribuzione just in time vedrebbe realizzati lentamente i profitti che invece scorrono senza intoppi attraverso il lavoro semischiavistico di agricoltori e facchini.
ALTRETTANTO COINVOLGENTE è l’analisi sulla razzializzazione del mercato del lavoro. I migranti sono stati sottoposti a un regime progressivo di apartheid sin dagli anni Ottanta del Novecento. Segregati nelle campagne e nelle città, con una riduzione e un rifiuto istituzionalizzato di diritti civili, sociali e politici dei quali Matteo Salvini è l’ultima, in ordine di tempo, manifestazione Qui Aboubakar Saumahoro è amaro nel suo pacato realismo: non c’è stata nessuna sostanziale differenza tra governi di centro sinistra e centro destra.
L’unica diversità è che questi ultimi non nascondono il razzismo di stato dietro l’ipocrisia e i tempi più lenti come invece hanno fatto e fanno quando sono al governo le coalizioni di centro sinistra.
L’autore non sostiene però che tutti sono uguali. Il suo sindacato, l’Unione sindacale di base, non nasconde il fatto di essere di sinistra e di essere un sindacato di classe, ma sa che non ci sono «governi amici» quando si richiedono diritti civili, sociali per i lavoratori. La discriminante è se vengono accolte le proposte avanzate. E Aboubakar Soumahoro invita il lettore a tessere con pazienza relazioni che portino anche a piccoli risultati, ma costanti nel tempo e nelle spazio sociale.
IN FONDO, le grandi e radicali trasformazioni si costruiscono seguendo il passo più lento di chi è in marcia. Lo diceva una icona della sinistra mondiale, il Che. Con meno enfasi lo dice anche quest’uomo che fa parte di quella genia di uomini e donne che «non mollano mai». Sia quando sono sconfitti. Sia quando hanno piccole, ma seminali vittorie.
Il libro sarà presentato sabato 11 maggio al Salone del libro di Torino in due occasioni: alle 13,30, alla sala Ora, con il sindaco di Riace Mimmo Lucano e la scrittrice Nadia Terranova; e alle 16 in dialogo con Michela Murgia nell’Arena Robinson.
[Benedetto Vecchi 08/05/2019]
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