Prosegue a Castelnuovo di Porto lo sgombero dei migranti ospitati
fino a due giorni fa nel Cara. Dopo i 30 trasferiti in Campania e
Basilicata, ieri alti 75 sono partiti a bordo di pullman diretti verso i
Centri di accoglienza straordinaria (Cas) di Marche, Abruzzo e Molise.
Oggi invece è previsto il trasferimento verso Toscana e Umbria. Venerdì,
infine, i bus si dirigeranno in Piemonte e sabato gli ultimi
trasferimenti di migranti saranno verso Emilia e Lombardia.
Fuori dal centro che si trova alle porta di Roma sono proseguite anche ieri le manifestazioni di solidarietà degli abitanti di Castelnuovo e non solo. In molti, anche da paesi dell’Umbria e della Toscana, hanno scritto al comune offrendosi di ospitare nuclei familiari o singoli richiedenti asilo, alcuni dei quali rischiano di ritrovarsi senza un posto dove passare la notte. Potrebbe essere così per Blessing, 25 anni, originaria della Nigeria, e per Ibraim, il suo bimbo di sette mesi. Blissing è arrivata in Italia nel 2017, vittima delle tratta, ma si rifiuta di raccontare cosa ha vissuto prima del suo arrivo nel Cara.
Lo stesso silenzio che scelgono anche molti altri richiedenti asilo, alcuni dei quali si allontanano dal centro in bicicletta oppure incamminandosi sotto la pioggia.
Il loro è un futuro tutto da riscrivere adesso che il centro viene chiuso. Chi non va via spontaneamente verrà smistato in centri più piccoli, incluse madri con figli piccolissimi, bambini scolarizzati e adulti con un lavoro.
Ma c’è anche chi, in possesso di protezione umanitaria con un permesso di soggiorno di due anni, non ha più un posto dove andare. Come previsto dal decreto sicurezza del ministro degli Interni Matteo Salvini, grazie al quale è stato possibile lo sgombero. «Volevamo – dice il sindaco di Castelnuovo, Riccardo Travaglini – un tavolo di concertazione con il ministero per capire gli effetti e soprattutto cosa sarebbe successo dopo il Cara. Invece c’è stato un diktat, un vero e proprio saccheggio. Una definizione in una parola? È quasi come se si volesse mettere fine all’integrazione».
[24/01/2019]
Fuori dal centro che si trova alle porta di Roma sono proseguite anche ieri le manifestazioni di solidarietà degli abitanti di Castelnuovo e non solo. In molti, anche da paesi dell’Umbria e della Toscana, hanno scritto al comune offrendosi di ospitare nuclei familiari o singoli richiedenti asilo, alcuni dei quali rischiano di ritrovarsi senza un posto dove passare la notte. Potrebbe essere così per Blessing, 25 anni, originaria della Nigeria, e per Ibraim, il suo bimbo di sette mesi. Blissing è arrivata in Italia nel 2017, vittima delle tratta, ma si rifiuta di raccontare cosa ha vissuto prima del suo arrivo nel Cara.
Lo stesso silenzio che scelgono anche molti altri richiedenti asilo, alcuni dei quali si allontanano dal centro in bicicletta oppure incamminandosi sotto la pioggia.
Il loro è un futuro tutto da riscrivere adesso che il centro viene chiuso. Chi non va via spontaneamente verrà smistato in centri più piccoli, incluse madri con figli piccolissimi, bambini scolarizzati e adulti con un lavoro.
Ma c’è anche chi, in possesso di protezione umanitaria con un permesso di soggiorno di due anni, non ha più un posto dove andare. Come previsto dal decreto sicurezza del ministro degli Interni Matteo Salvini, grazie al quale è stato possibile lo sgombero. «Volevamo – dice il sindaco di Castelnuovo, Riccardo Travaglini – un tavolo di concertazione con il ministero per capire gli effetti e soprattutto cosa sarebbe successo dopo il Cara. Invece c’è stato un diktat, un vero e proprio saccheggio. Una definizione in una parola? È quasi come se si volesse mettere fine all’integrazione».
[24/01/2019]
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