domenica 10 settembre 2017

Il Leone d'Oro a The Shape of Water

Cominciamo dal cinema italiano, che quest’anno, lo abbiamo ripetuto molte volte, era presente in forza sul Lido con quattro titoli nel solo concorso principale. Hanno vinto i film «meno italiani», e non perché lavorano con un cast internazionale o perché sono girati in Europa: è una questione di set mentali, di libertà nei riferimenti, di un racconto che non è sottoposto alle forzature della realtà, capace di creare personaggi forti, figure femminili in questo caso, come in Nico 1988, il bel film di Susanna Nicchiarelli, premio della sezione Orizzonti, e in Hannah di Andrea Pallaoro con la Coppa Volpi alla sua interprete, una meravigliosa Charlotte Rampling, sul cui corpo è tracciata l’intera geometria narrativa del film. E, di fronte invece a un immaginario nazionale un po’ formattato, questa è un’indicazione su cui si farebbe bene riflettere.

Il Leone d’Oro l’ha vinto la fiaba liberatoria di Guillermo del Toro, un bel premio, annunciato (lo hanno molto applaudito ed è il classico titolo su cui anche un gruppo molto poco in sintonia (come dà l’impressione di essere questa giuria) si può accordare. E poi non si corre il rischio del film che «non vede nessuno» come il Leone dello scorso anno a Lav Diaz.
Eppure. Qualcuno ha storto il naso, un film facile. Ma mica tanto vista la tendenza diffusa all’autoritarismo castrante che si aggirava tra le immagini del Lido. The Shape of Water, variazione e omaggio a Il mostro della laguna nera di Jack Arnold, e a tutto il cinema dei «mostri» dell’epoca mescola storia, l’America del 1962 durante la crisi missilistica cubana, horror, i musical di Betty Grable Rhonda Fleming, Alice Faye nella love story tra due alieni, la creatura misteriosa maltrattata dai militari come oggi i clandestini in tutto il mondo, e la ragazza muta, donna delle pulizie nei laboratori militari. I «perdenti» di quella società, i diversi, comunisti, ragazze solitarie, gay, neri, creature di altri pianeti, sono però vincenti, hanno un ritmo irresistibile che gli altri non conoscono .
Per il resto il palmarés della giuria guidata dall’attrice Annette Bening appare un incastro di equilibri – com’era «equilibrata» la selezione – premiando un’idea di cinema rassicurante, anche nelle sue apparenze eccentriche, la surrealtà senza magia di Foxtrot (a cui è andato il Gran Premio della Giuria) del regista israeliano Samuel Maoz, già Leone d’oro nel 2009 per Lebanon, che ci dice quanto sia brutta la guerra mettendo vincitori e vinti sullo stesso piano. Gli scontri domestici di Jusqu’a la garde (addirittura un doppio premio miglior regia e leone del futuro come miglior opera prima), esordio di Xavier Legrand, celebrazione del film scritto, che guida lo spettatore nell’inferno domestico del dopo divorzio a rischio femminicidio senza che si affatichi troppo.
Il premio alla sceneggiatura lo ha vinto invece Martin McDonagh per Three billboards outside ebbing Missouri, scrittura questa perfetta ma resa per invenzioni continue che spiazzano, sorprendono a cominciare dal gioco degli attori la coppia Mac Dormand e Harrelson. E, per non dimenticare l’impegno, il mondo di oggi che era il riferimento principale di questa Mostra, specie se sotto forma di metafora, ecco la Coppa Volpi a Kamel El Basha attore protagonista di The Insult, scontro «religioso» ma anche di ostinazione maschile tra un palestinese e un cristiano nel Libano di oggi.
Il film più libero e inventivo e giovane e politico di questa Mostra numero 74 però la giuria guidata da Annette Bening lo ha ignorato: è Ex Libris di Fred Wiseman, non solo affresco americano e della realtà di oggi, ma soprattutto espressione di un’idea di cinema come movimento, invenzione, sfida percettiva. Basta meno per spaventare, per carità.
[10/09/2017 Cristina Piccino]

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Commenti

il 12/08 SR ha commentato Non credo che D'Avenia possa far parte del nostro blog. Certo i suoi libri sono best-sellers tra gli adolescenti, e probabilmente hanno il merito di avviare qualche giovane alla lettura, ma la banalità delle situazioni e del linguaggio non permettono di considerare questi testi letteratura. Diciamo che sono testi "di servizio", nella migliore delle ipotesi. su Prossimamente
il 14/05 SR ha commentato Purtroppo J.K.J. non sembra più funzionare con le ultime generazioni: un tentativo di leggere a scuola Three Men In a Boat è finito miseramente in noia. I ragazzi non capivano cosa c'era da ridere e io non capivo perché non capivano. Tristissimo. Jerome per me è finito in quell'armadio dove tengo gli autori speciali che voglio proteggere dagli studenti... su Jerome K. Jerome, fare ridere l’uomo moderno, spaventato
il 29/02 Ida ha commentato A proposito di classifiche: "Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove." Anch'io,come U.ECO sono andata al cinema nel modo ricordato e quindi io amo ricordare e vorrei tanto poter fare liste di su Chi siamo
il 28/02 Ida ha commentato Grazie Roberta per aver riaperto il blog.Trovo che è un modo per uscire dalla solitudine delle letture personali.Scrivere e leggere accanto, trovo che è un bel modo per parlarci e parlarmi. su Chi siamo