Maggie sta con Harry. Maggie è poeta e scrittrice, Harry fa l’artista
visuale. Maggie si definisce lesbica, Harry si definisce «a butch on T»
(lesbica “mascolina” che fa uso di testosterone in vista di “transitare”
il genere). Maggie e Harry decidono di avere un figlio. Questo, nelle
due righe di prammatica, è il pre-testo di uno dei libri più
eccezionalmente queer e smodatamente commoventi che potrà capitarvi di
leggere, The Argonauts (Melville House), appena tradotto da Francesca
Crescentini per Il Saggiatore. Gli Argonauti (pp. 224, euro 19)
è nulla più che una struggente storia d’amore. Una storia di corpi e di
parole, dunque. Una storia delle metamorfosi dei primi (la gravidanza
per Maggie; la transizione di genere per Harry) e della ricerca di
parole «buone abbastanza» per sostenere e nutrire queste trasformazioni.
Non si è forse ragionato sufficientemente sul dubitabile nesso che lega
la pretesa di maturità all’affettazione di cinismo. Nelson fa a pezzi
questo ultimo traguardo dell’ipocrisia pubblicando l’intimo senza perciò
cedere al «viscerale» ma frequentando la ferocia del sentimento e
praticando la precisione del tatto. Se si tratta, sempre, in ultimo, di
corpi e parole, allora Nelson ha davvero scritto una fisica delle forme
di vita. Tanto per gli uni (i corpi) che per le altre (le parole)
sfoggia devozione assoluta e pratica una spalancata pietà.
Al cinismo oppone una tenerezza sgangherata e combatte la maturità con
un infantile divenire-vecchi assieme. È chiaramente un altro modo di
negoziare col negativo: non la sua espulsione dal quadro, ma un
rinnovato interesse e un affettuoso praticarsi l’ordinario come luogo
dell’incompiuto e del fluido, del possibile e del maldestro. In questa
confusione perpetua e radicale di eccentrico e normale è l’imperativo
queer – «pluralizza e specifica» – a permettere di scantonare dal
conformismo senza abbandonare un’idea di forma. Non è un caso che il
maschio più citato del libro sia Winnicott. «Adoro Winnicott», confessa
Nelson. E a lui attribuisce una postura – il «deflation without
dismissal» (deflazione senza disprezzo) – che finisce per assumere i
contorni di un ethos. Condotte e parole debbono non risolvere
definitivamente un problema, ma – se sufficientemente buone – possono
fissare contingentemente una situazione. È un’etica friabile,
senz’altro. Essa possiede infatti la stessa consistenza dei corpi che
cerca di con-formare: quella dell’adipe e di certi bianchi naturali
campani: dove c’è la «ciccia», ma il vino non si siede.
Elasticità e sostanza si oppongono, controvoglia, alla fitness e
all’informe: due figure del conformismo tutte inscritte nella
insopportabile dialettica della compiutezza e della risoluzione. Nelle
pagine di Nelson – che sono rammemorazione di un amore che avviene anche
nei minimi progetti, nel sesso fatto e detto, nella presenza e nella
memoria solare degli amici – si accampa la possibilità di una forma di
vita non conformista ma con-formata.
Se la vita non è altro che il conto inestinguibile delle nostre
inadempienze, allora le parole per dirla non potranno che custodirne
l’irresolutezza e l’incompiutezza. In un libro che fa parlare filosofe e
poete (e che fa tacere molti tromboni) si annuncia una politica
tenerissima. Non esonerata dai disastri e dai dolori, dai malintesi e
dai rifiuti; ma dove genere, femminismo, differenza, gravidanza,
maternità finiscono, in un intreccio di sovranità e dipendenza, per
farsi arredo di una forma di vita nella quale «irresolution is OK –
desirable, even» (L’irresolutezza è OK – perfino desiderabile). E tutto
senza traccia di maledettismo. Non nella scena memorabile che vede Harry
reduce da un’operazione di mastectomia estetica e Maggie all’ultimo
mese di gravidanza ingozzarsi di pollo fritto in una stanza dello
Sheraton di Fort Lauderdale: con questi corpi mostruosi e potenti e
doloranti e condivisi e affamati (di schifezze); non negli occhi – così
eteronormativi e così teneri – dei camerieri dell’hotel che
ri-conoscono, in una configurazione possibile, l’amore.
Questo divenire dei corpi e delle condotte è un divenire speciale: un
divenire – come scrive Nelson – la cui regola non è né l’evoluzione né
l’asintoto, ma «a certain turning, a certain turning inward» (una specie
di avvitamento). E scrivendo un libro in cui anche, e spesso,
l’eteronormativo diventa figura del queer, Maggie Nelson è riuscita
forse a intravvedere quale potrà essere l’epica per l’epoca e il suo
tenore. La «morale» della favola? «Shit stays messy».
O, come avrebbe detto un altro che di Argonauti se ne intendeva come
Apollonio Rodio: «Piaccia agli dèi liberarmi dalle imprese».
[Michele Spanò 23/09/2016]
Questo blog accoglie la nuova avventura di quelli di Sguardi d’Altrove, e il Reverendo Dogdson, con i suoi dubbi sulla realtà, si aggiunge al nostro olimpo di numi tutelari. Non dimentichiamo gli autori che più spesso ci hanno accompagnati nel viaggio di Sguardi d’Altrove, anzi, da loro ripartiamo. Quindi, un pensiero affettuoso e ammirato, in particolare, ad Alan Bennet a alla sua Sovrana Lettrice, mantenendo ben fermo il principio che ragguagliare non è leggere.
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Commenti
il 12/08 SR ha commentato Non credo che D'Avenia possa far parte del nostro blog. Certo i suoi libri sono best-sellers tra gli adolescenti, e probabilmente hanno il merito di avviare qualche giovane alla lettura, ma la banalità delle situazioni e del linguaggio non permettono di considerare questi testi letteratura. Diciamo che sono testi "di servizio", nella migliore delle ipotesi. su Prossimamente
il 28/02 Ida ha commentato Grazie Roberta per aver riaperto il blog.Trovo che è un modo per uscire dalla solitudine delle letture personali.Scrivere e leggere accanto, trovo che è un bel modo per parlarci e parlarmi. su Chi siamo
il 14/05 SR ha commentato Purtroppo J.K.J. non sembra più funzionare con le ultime generazioni: un tentativo di leggere a scuola Three Men In a Boat è finito miseramente in noia. I ragazzi non capivano cosa c'era da ridere e io non capivo perché non capivano. Tristissimo. Jerome per me è finito in quell'armadio dove tengo gli autori speciali che voglio proteggere dagli studenti... su Jerome K. Jerome, fare ridere l’uomo moderno, spaventato
il 29/02 Ida ha commentato A proposito di classifiche: "Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove." Anch'io,come U.ECO sono andata al cinema nel modo ricordato e quindi io amo ricordare e vorrei tanto poter fare liste di su Chi siamoil 28/02 Ida ha commentato Grazie Roberta per aver riaperto il blog.Trovo che è un modo per uscire dalla solitudine delle letture personali.Scrivere e leggere accanto, trovo che è un bel modo per parlarci e parlarmi. su Chi siamo
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