martedì 19 agosto 2014

rassegna stampa

Carissime come prima cosa vi comunico di essere passato relativamente   indenne da quella sorta di tempesta perfetta che è stato ferragosto di quest'anno che con il susseguirsi di venerdì sabato e domenica ha comportato in sequenza: pranzo di ferragosto , tradizionale cena con amici il sabato e pranzo per compleanno materno ( 85 anni) oggi. Uno tsunami epatico. Ma ho resistito e sono pronto a comunicarvi alcune nuove. Nemmeno troppo belle.
Sono, infatti, ancora ai necrologi. E' stata un'estate terribile.
Si parlava l'ultima volta della morte del multiforme jazzista Charlie Haden. Ebbene il nostro tra le tante cose aveva fondato un gruppo il "Quartet West" dedito a rievocare con cover e pezzi originali l'atmosfera della California anni'40, quella di Dashiel Hammett   e soprattutto Raymond Chandler. Uno degli album più belli si intitola "We always say goodbye" ed è tutto ispirato a "Il grande sonno" di Chandler. Dopo l'ultimo pezzo si sente per una manciata di secondi una meravigliosa voce di donna, roca e sensuale. E' quella di Lauren Bacall indimenticabile donna e  diva che ci ha lasciato il 13 agosto. E sono le battute finali della versione cinematografica del romanzo, firmata nel 1946 da Howard Hawks, con lei e Humphrey Bogart . Più importante ancora è ricordare il film immediatamente precedente, quello che segnò il suo esordio e il suo innamoramento per Bogart:  "Acque del sud", sempre di Hawks, tratto da Hemingway, del 1944. Il film, pur essendo un film d'avventura, del filone propaganda alla "Casablanca", contiene forse i più bei dialoghi "amorosi", nel loro understatement, di tutta la Hollywood classica. E non per caso dal momento che lo sceneggiatore non era Hemingway ma un tale William Faulkner.
E contiene soprattutto la battuta che ha  reso da subito il tipo di donna incarnato dalla Bacall: " Sai che con me non occorrono tante commedie. Non devi dire niente. Non devi neanche fare niente, neanche un gesto. O se vuoi basta un fischio. Sai fischiare, no?" .
Lauren Bacall è stata una grandissima attrice, al di là del personaggio e della sua storia d'amore con Bogart, e mi piace chiudere questo breve ricordo con un altro film, molto più recente ( si fa per dire) . Un film che può veramente essere considerato "l'utlimo western". Si tratta de "Il Pistolero" del 1976 di Don Siegel. Con John Wayne, realmente già malato di cancro ( è il suo ultimo film), che interpreta un pistolero, ammalato di cancro, che deve concludere la sua ultima resa dei conti. La Bacall è l'ex maestra del paese che gli affitta una camera e con cui Wayne ha un'ultima, necessariamente casta, breve storia. Decisamente struggente ( e di molte cose si ricorderà Eastwood quando girerà "Gran Torino").
Mi scuserete se non mi soffermo altrettanto sulla morte di Robin Willimas per il motivo molto semplice che, pur dispiacendomene sul piano umano, non l'ho mai sopportato come attore. 
Una scomparsa che mi ha molto colpito è stata , invece, quella di Stefano Bonilli, il fondatore de "Il gambero rosso" e del movimento Slow Food. E qui c'è un fatto curioso in cui gioca la mia memoria di anziano. Perchè mi ero dimenticato del nome Bonilli e quando, in tutti questi ultimi anni, intervistavano Carlo Petrini, l'attuale responsabile dello Slow Food, io non riuscivo a riconoscerne la faccia. Poi con al morte di Petrini e le relative rievocazioni si è messo tutto a posto. Il "Gambero rosso" era stato fondato da Bonilli nel 1986 come supplemento al "Manifesto" con Petrini  come collaboratore. E da lì era partito tutto ( e io mi ricordavo gli interventi di Bonilli e il suo viso) . Era nata, poi, la rivista e poi i libri, i presidi, le guide, lo Slow food ecc. ecc.
Poi Bonilli e Petrini, essendo di sinistra, avevano litigato ecc. ecc. di nuovo.
Viene ricordato tutto abbastanza bene sul "Manifesto" del 3 agosto con una lunga e affettuosa  intervista a Petrini. Ma non solo si ricorda questo. Si ricorda anche che Il Manifesto, grosso modo tra l'80 e l'85,  aveva dato vita a tutta una serie di iniziative collaterali che costituirono allora, veramente, un ampliamento straordinario delle prospettive di chi ragionava e militava a sinistra e una modalità importante di uscita dal clima degli anni di piombo.. Oltre al "gambero rosso" la rivista "Antigone" nata sulla spinta del 7 aprile, che si occupava di carceri e giustizia, "Nautilus" in rapporto all'anti psichiatria, "L'indice" la prima rivista di sole recensioni un po' sul modello del New Yorker, i supplementi Alias e La talpa libri.
E, poi, mi sono ricordato che io  in quegli anni , almeno  fino al '95 direi, leggevo Il Manifesto e tutta quella roba. Che cosa mi sia rimasto di allora, in cui ancora credevamo di capire tutto perché leggevamo e discutevamo tanto, non mi è molto chiaro, al di là di avere in testa una serie bibliografie, discografie, filmografie ( e altre ..grafie) con cui continuo a rompere un po'  i coglioni, di avere in tasca una tessera del PD che ogni tanto osservo con una certa inquietudine, e di sapere che lo champagne può tranquillamente invecchiare fino a 50 anni ( fino a 100 sostiene qualcuno, ma non stapperei la bottiglia). 
Bah, tormenti di fine estate (si fa per dire, quest'anno). Per consolarmi e tranquillizzarmi  ho intanto finalmente scelto il pezzo n. 5 che vorrei venisse suonato al mio funerale. Si tratta di "At last I am free" degli Chic. E il pezzo n.7 : "Dream baby dream" ma non nella versione originale dei Suicide né tanto meno la cover, come sempre un filo retorica, di Bruce Springsteen. Voglio che venga suonata la versione incisa nel 2012 da Neneh Cherry che è veramente tosta. 
Detto anche questo, una segnalazione bibliografica e cioè la ristampa di "Matriarcato e dee madri" testo breve del 1951 di James G. Frazer ( la cui lettura, che non farò in tempo a fare, penso mi sarebbe utile per Lulu di cui, per inciso, sta per arrivare la terza parte.  Ma che fatica, troppa roba da sintetizzare).
E per concludere due frasi di Antonio Gramsci su cui meditare. L'occasione di scriverle mi è data dall'averle scoperte, più o meno contemporaneamente, come citazione di apertura di due opere di due intellettuali americani di età assai diversa.
La prima apre la versione cinematografica de "Il Don Giovanni" di Mozart girata nel 1979 a Vicenza da Joseph Losey (classe 1913) il grande regista e comunista americano ( ma costretto, per questo,  all'esilio in Inghilterra negli anni 50) allievo di Bertolt Brecht e di Eizenstein. La seconda è invece contenuta nelle note di copertina di "Historicity" inciso in trio nel 2008 da Vijay Iyer, alla data dell'incisione trentanovenne,  newyorchese di origini indiane, cibernetico, musicologo ma soprattutto forse il pianista jazz più interessante oggi in circolazione.   

"Il vecchio muore e il nuovo non può nascere; e in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati".

"  L’inizio dell’elaborazione critica è la coscienza di quello che si  è realmente, cioè un “conosci te stesso” come prodotto del processo storico finora svoltosi che ha lasciato in te stesso un’infinità di tracce accolte senza beneficio d’inventario. Occorre fare inizialmente un tale inventario".    

Buona settimana.
Andrea    
           

Nessun commento:

Commenti

il 12/08 SR ha commentato Non credo che D'Avenia possa far parte del nostro blog. Certo i suoi libri sono best-sellers tra gli adolescenti, e probabilmente hanno il merito di avviare qualche giovane alla lettura, ma la banalità delle situazioni e del linguaggio non permettono di considerare questi testi letteratura. Diciamo che sono testi "di servizio", nella migliore delle ipotesi. su Prossimamente
il 14/05 SR ha commentato Purtroppo J.K.J. non sembra più funzionare con le ultime generazioni: un tentativo di leggere a scuola Three Men In a Boat è finito miseramente in noia. I ragazzi non capivano cosa c'era da ridere e io non capivo perché non capivano. Tristissimo. Jerome per me è finito in quell'armadio dove tengo gli autori speciali che voglio proteggere dagli studenti... su Jerome K. Jerome, fare ridere l’uomo moderno, spaventato
il 29/02 Ida ha commentato A proposito di classifiche: "Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove." Anch'io,come U.ECO sono andata al cinema nel modo ricordato e quindi io amo ricordare e vorrei tanto poter fare liste di su Chi siamo
il 28/02 Ida ha commentato Grazie Roberta per aver riaperto il blog.Trovo che è un modo per uscire dalla solitudine delle letture personali.Scrivere e leggere accanto, trovo che è un bel modo per parlarci e parlarmi. su Chi siamo