martedì 7 febbraio 2017

Dietro l’arazzo, Lenny McGee

Secondo Brendan Behan i critici sono come gli eunuchi: gli piacerebbe farlo, non possono, e dunque si limitano a guardare. Qualche malizioso potrebbe estendere la similitudine anche ai traduttori. Ma i traduttori non si limitano a guardare. Essi fanno eccome: ricreano, sostituiscono; in soldoni, come voleva Umberto Eco, fanno «quasi la stessa cosa» ma facendone proprio un’altra. La situazione si complica quando si ha un romanzo che parla di traduzione, e con al centro un traduttore al quale non piace solo guardare, ma che si cimenta persino nella vita dell’uomo d’azione, per dirla alla Novalis.
È stato pubblicato di recente per la piccola grande casa editrice Coazinzola Press, un libro ancora inedito in originale, e che quindi vede la sua prima mondiale in italiano: Dietro l’arazzo (pp. 483, euro 22) dell’irlandese Lenny McGee, tradotto dalla penna raffinata di Riccardo Duranti.
IL ROMANZO AMBISCE a riesumare dagli abissi della Storia le vicende del primo formidabile traduttore inglese del Don Chisciotte, Thomas Shelton, anch’egli irlandese, personaggio di cui si sa pochissimo. Le vicende appassionanti di quest’uomo di lettere e d’azione lo vedono coinvolto in una modernissima rete di comunicazione intra-europea che fa uso di corrieri, intenti a fare la spola tra le maggiori città. Ma Thomas non è solo al centro del palcoscenico, lo accompagna la donna della vita, Eva, figlia di un certo Don Miguel che fa lo scrittore.
I LORO SPOSTAMENTI li portano persino a Londra, dove fanno la conoscenza di un certo Will, che fa il drammaturgo, e incrociano persino un italiano, Giovanni/John, che fa il traduttore (il lettore attento lo ritroverà anche ne La cena de le ceneri di Giordano Bruno). Il tutto è parzialmente inserito nella cornice storica dei rapporti tra Inghilterra e Irlanda a cavallo tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo. Nello specifico si fa riferimento alle pulsioni anti-inglesi fomentate da famosi dignitari tra cui Tyrone, e alla possibilità di un intervento dell’esercito spagnolo in soccorso degli irlandesi. Per quest’ultimo aspetto, si rimanda alla lettura dell’Enrico V a firma del noto Will di cui sopra.
ALTRO ASPETTO di interesse in questo romanzo corale, la cui forza non è data tanto, o non solo dalle vicende e dagli ammiccamenti alla storia ma dalla stessa struttura (un misto di dialoghi e monologhi), è la cornice contemporanea: un intessersi di email alla narrazione vera e propria di vicende del passato. Gli scritti riguardanti Shelton e la sua donna vengono infatti rinvenuti da studiosi che si propongono di riportarli alla luce, e così di vendicare i due personaggi da secoli di oblio.
DIETRO L’ARAZZO è un libro che aiuta anche a capire altro, oltre al funzionamento della macchina-romanzo. Nelle prime pagine il protagonista riflette sul metodo di un suo «maestro» e chiarisce sottotraccia uno degli obiettivi di questo libro illuminante, ossia farci comprendere che quasi tutto è traduzione, ogni moto umano o sociale; e questo perché comporta cambiamenti e riflessioni critiche su quel canovaccio di connessioni chiamato esistenza: «Tutto quel che dice si collega con qualcos’altro e porta verso altre idee attraverso lampi intuitivi, subitanee scoperte, improvvisi cambi di prospettiva.
INSISTE SEMPRE che la traduzione sia una pianta con salde radici nella nuova lingua e non un fiore reciso e destinato ad appassire dopo poco tempo perché se un’opera è davvero grande, è come un organismo vivente e allora cresce, accumula saggezza, si riproduce».
[Enrico Terrinoni 07/02/2017]

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