Sul New York Times c’è una rubrica, By the book, che ruota intorno a un’idea semplice e non originale, ma condotta con garbo ed efficacia: autrici e autori – a volte molto noti, a volte meno – vengono intervistati nella loro veste di lettori: cosa stanno leggendo, quali titoli li hanno segnati in modo particolare da giovani, come sono cambiati i loro gusti letterari nel tempo, chi sono gli autori contemporanei che trovano più interessanti. Le domande sono brevi, dirette, e le risposte di solito pure, ma quasi ogni volta ne vengono fuori informazioni utili e spunti di approfondimento.

Così di recente è stato per la rubrica dedicata alla scrittrice messicano-statunitense Erika L. Sánchez, autrice di raccolte di poesie, di un romanzo destinato a un pubblico adolescente (I Am Not Your Perfect Mexican Daughter) e di recente di un memoir, Crying in the Bathroom. Sánchez dice che il suo libro preferito è Storia dell’occhio di Georges Bataille e consiglia fortemente The Love Songs of W.E.B. Du Bois, il romanzo d’esordio di una poetessa afroamericana, Honorée Fanonne Jeffers, uscito lo scorso anno per Harper Collins.

La risposta più stimolante, però, è a una domanda di carattere generale – «Di quali temi vorrebbe che gli autori scrivessero di più?» – e vale la pena di riportarla quasi per intero: «Il denaro. Gli autori bianchi spesso scrivono di denaro (o non ne scrivono) in un modo che non tiene conto della realtà della maggior parte delle persone… Ricordo di aver letto Paura di volare di Erica Jong tanti anni fa e di essermi arrabbiata quando la protagonista va in Europa per mesi senza preoccuparsi dei soldi o di un lavoro. Ho pensato che faceva affidamento sul denaro della famiglia, ma questo non viene mai detto esplicitamente. È un elemento che mi ha allontanato dal testo, non riuscivo a capacitarmene, forse perché sono cresciuta nella classe operaia e il denaro era un fattore importante in tutto ciò che facevamo. Le persone emarginate non potrebbero mai, nei loro sogni più sfrenati, compiere questo tipo di scelte».

Già, il denaro, e forse più ancora la classe: fantasmi che si incontrano di rado nei romanzi contemporanei occidentali e che pure sono stati un asse portante della narrativa di uno o due secoli fa. Senza scomodare i casi più evidenti, Balzac o Dostoevskij, tutti i romanzi di Jane Austen hanno come vero motore narrativo patrimoni, eredità, disparità sociali. Oggi questo non esiste più?

Comunque, a proposito di soldi, nei giorni scorsi Porter Anderson ha pubblicato su Publishing Perspectives i dati più recenti del mercato editoriale tedesco, quelli relativi al 2021 e alla prima metà del 2022, e la situazione complessiva non sembra per niente buona: anche se l’anno scorso il fatturato totale del settore è aumentato del 3,5%, il rapporto del Börsenverein des Deutschen Buchhandels avverte – come del resto era prevedibile – che «gli ultimi due anni sono stati molto impegnativi per il settore dal punto di vista economico» e soprattutto che il mercato del libro «adesso si trova ad affrontare nuovi ostacoli legati alle strozzature negli approvvigionamenti, alla crescente pressione sui costi e agli effetti dell’attacco russo all’Ucraina».

Ostacoli che si riflettono nei dati semestrali del 2022: rispetto al 2019, tra gennaio e giugno di quest’anno si registra in Germania un calo di vendite nel commercio librario locale dell’11,1% nel commercio librario locale e del 3% in tutti i canali di vendita, comprese le vendite online. E a osservarli da vicino, i dati sono anche più sconfortanti: per citare un solo esempio, il prezzo della carta a maggio 2022 è cresciuto del 58,2% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso.

Chissà, forse c’è materia per un romanzo.

[Maria Teresa Carbone 14/07/2022]