venerdì 18 dicembre 2015

Il panettone prima del panettone, Porzio Stanislao


Tutti sanno cos'è, troneggia in tutte le vetrine delle pasticcerie e imperversa al supermercato per interi scaffali; a volte si presenta in versione "gourmand", arricchito con creme sontuose e confezionato in scatole allegre; a volte fa la sua comparsa fasciato in nastri e carte molto chic e un po' pretenziose, soprattutto se pensiamo alle sue origini... Ma sappiamo davvero quali sono le origini del panettone? 
Da dove viene questo dolce che ha conquistato tutti gli italiani, diventando un simbolo del Natale? A parte il legame con la sua città, Milano, ha una lunga storia e, come succede per tutte le ricette tradizionali, un esordio a dir poco nebuloso. 
Il panettone non è sempre stato quello che conosciamo adesso. Un tempo era basso, e con molto meno burro. Stanislao Porzio è così appassionato di questo dolce che nel 2007 ha scritto una monografia sull’argomento e l’anno dopo ha creato Re Panettone, una kermesse che si svolge a Milano nel periodo natalizio e che mette in vetrina le creazioni più buone e curiose di Maestri Pasticcieri italiani e internazionali.




Ci sono regole precise perché un prodotto dolciario possa essere chiamato “panettone”. Esiste un decreto ministeriale del 22 luglio 2005 che stabilisce gli ingredienti e le caratteristiche di alcuni dolci tradizionali italiani, come ad esempio gli amaretti, i savoiardi, la colomba, il pandoro e, naturalmente, non poteva mancare il panettone. Il classico milanese deve essere a pasta morbida e ottenuto per fermentazione naturale da pasta acida. Deve essere fatto con farina di frumento, zucchero e uova, ma con una maggiore percentuale di tuorli rispetto agli albumi. Poi uvetta e scorza di agrumi canditi in quantità non inferiore al sedici per cento, burro, in quantità non inferiore al sedici per cento, lievito naturale e sale. Sul panettone non si scherza!



Questo agile libretto ripercorre le avventure del panettone ai suoi inizi: è una specie di atto di nascita colto, istruttivo e filologicamente ben documentato di un impasto che, pensato per diventare un pane, si è trasformato nel tempo, grazie all'estro di fornai e pasticceri, in qualcosa di dolce e confortante, per celebrare la magia del Natale e il senso di condivisione che ne deriva. Da un manoscritto ambrosiano di Giorgio Valagussa.

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