Questo blog accoglie la nuova avventura di quelli di Sguardi d’Altrove, e il Reverendo Dogdson, con i suoi dubbi sulla realtà, si aggiunge al nostro olimpo di numi tutelari. Non dimentichiamo gli autori che più spesso ci hanno accompagnati nel viaggio di Sguardi d’Altrove, anzi, da loro ripartiamo. Quindi, un pensiero affettuoso e ammirato, in particolare, ad Alan Bennet a alla sua Sovrana Lettrice, mantenendo ben fermo il principio che ragguagliare non è leggere.
Il mondo della scienza ha ancora un enorme debito da saldare.
Quello con le donne. Non solo per aver loro chiuso le sue porte per
secoli. Ma anche per non aver saputo riconoscere i meriti di chi,
faticosamente, è riuscita a raggiungere risultati straordinari. Poco a
poco si vanno squarciando veli di omertà. Un esempio è lo splendido film
Hidden Figures, dedicato a tutte quelle matematiche, fra cui
l’ultracentenaria Katherine Johnson, grazie ai cui brillanti calcoli gli
americani riuscirono a vincere la sfida di arrivare alla Luna. Ma che
avevano due piccoli problemi: uno, che erano donne. L’altro che erano
nere.
Ma di «figure nascoste», è costellata un po’ tutta la storia della
scienza. Una delle storie più emblematiche è quella della nordirlandese
Jocelyn Bell Burnell. Nel 1967 lei era solo una giovane dottoranda
dell’astronomo Anthony Hewish.
Jocelyn Bell Burnell
Grande appassionata di astronomia da quando da piccola aveva seguito
suo padre, architetto, mentre restaurava il planetario di Armagh (in
Irlanda del nord), le era stato proibito a scuola, come donna, di
appassionarsi alle scienze. Nel piano di studi c’era la cucina e
l’uncinetto. Finalmente, riuscì a studiare fisica e a lavorare con
Hewish alla costruzione di un radio telescopio all’osservatorio di
Mullard, a Cambridge, dove ottenne il suo dottorato nel 1969. «Decisi di
lavorare duramente perché quando mi avrebbero cacciato, non mi sentissi
in colpa. Se fossi stata un uomo dell’Inghilterra dell’est sarei stata
meno meticolosa». Due anni prima aveva notato dei segnali di grande
regolarità provenienti da una sorgente stellare: era la prima scoperta
delle pulsar, stelle di neutroni che ruotano molto rapidamente su stesse
ed emettono un segnale a una frequenza determinata, come un faro. Così
bizzarri da essere chiamati all’inizio «LGM» (Little Green Men, piccoli
omini verdi). Alla fine la spiegazione si rivelò più prosaica, ma non
meno interessante. Tanto è così che nel 1974 si meritarono il premio
Nobel. A Hewish, naturalmente, che all’inizio lei faticò moltissimo a
convincere della sua scoperta, non a lei. Il tempo ha rimesso le cose al
suo posto, e oggi Bell è una rinomata astrofisica. L’anno scorso, le è
stato dato il premio speciale Breakthrough in fisica fondamentale: 3
milioni di dollari (più del triplo del premio Nobel), che lei ha
dedicato integramente a borse per studentesse e membri di minoranze
etniche e rifugiati.
Un’altra storia conosciuta è quella di Rosalind Franklin.
Cristallografa, autrice della famosa «Foto 51». Lavorava a Londra con
Maurice Wilkins, suo arcirivale, dopo aver superato ogni sorta di
ostacoli. Il padre voleva che restituisse la borsa per darla a qualcuno
che la meritasse, l’università di Cambridge non conferiva «lauree» a
donne fino al 1947 (lei l’aveva ottenuta nel 1941), i colleghi di
laboratorio non la lasciavano accedere alla sala caffè, dove si
discuteva informalmente di lavoro. Nonostante questo, riuscì come
nessuno fino ad allora a «fotografare» la struttura a elica del dna.
Wilkins passò di nascosto la sua foto a Watson e Crick, e i tre
guadagnarono il Nobel nel 1962 per la straordinaria scoperta. Lei nel
frattempo era morta di cancro, ma Watson e Crick non la menzionarono
nemmeno nel loro discorso, e Wilson solo in un breve inciso. Inge LehmannLa danese Inge Lehmann (che visse ben 104 anni)
nacque nel 1888, un’epoca in cui erano davvero poche le donne che
lavoravano nella scienza. Eppure, venne educata in una scuola elementare
(diretta dalla zia del fisico Niels Bohr, Hannah Adler) dove ragazzi e
ragazze venivano trattati allo stesso modo, «una cosa che mi diede
dispiaceri più tardi nella vita quando mi accorsi che non era
l’atteggiamento generale», commentò. Lehmann studiò matematica e fisica,
ma divenne una star nel campo della sismologia. Fu la prima infatti a
capire, interpretando le onde sismiche generate dai terremoti più forti,
che il nucleo della Terra è formato da una parte solida, al centro,
circondato da una parte liquida. Era il 1936. Scrisse al nipote:
«Sapessi con quanti uomini incompetenti ho dovuto competere – invano». Lise Meitner
Infine, fra le molte donne dimenticate, ricordiamo la storia di Lise
Meitner, fisica austriaca (e prima donna a ottenere la cattedra di
fisica in Germania) che scoprì la fissione nucleare, scoperta per la
quale il Nobel venne dato al suo compagno di laboratorio Otto Hahn nel
1944. Fu solo l’ultima delle ingiustizie: il governo non permetteva alle
donne di studiare all’università e lei dovette studiare in una cantina.
Nel 1907 iniziò a lavorare all’istituto di chimica di Berlino con Hahn,
una collaborazione che durerà 30 anni. Quando i nazisti arrivarono al
potere dovette fuggire in Svezia, da dove continuò a collaborare con
Hahn per lettera. Ma nella pubblicazione chiave del 1939 dove spiegò la
fissione nucleare, Hahn non incluse la collega, forse per proteggerla.
Sta di fatto che il Nobel lo dettero solo a lui. Se lo meritava
senz’altro – scrisse Meitner. – Ma anche io e Robert Frisch avemmo un
ruolo non insignificante per capire la fissione dell’uranio». Dopo la
guerra, nonostante Hahn abbia speso gli ultimi anni della sua vita a
combattere contro l’uso delle armi nucleari, Meitner lo accusava assieme
agli altri fisici tedeschi di aver offerto «solo una resistenza passiva
al nazismo».
[Luca Tancredi Baroni 05/03/2019]
il 12/08 SR ha commentato Non credo che D'Avenia possa far parte del nostro blog. Certo i suoi libri sono best-sellers tra gli adolescenti, e probabilmente hanno il merito di avviare qualche giovane alla lettura, ma la banalità delle situazioni e del linguaggio non permettono di considerare questi testi letteratura. Diciamo che sono testi "di servizio", nella migliore delle ipotesi. suProssimamente
il 14/05 SR ha commentato Purtroppo J.K.J. non sembra più funzionare con le ultime generazioni: un tentativo di leggere a scuola Three Men In a Boat è finito miseramente in noia. I ragazzi non capivano cosa c'era da ridere e io non capivo perché non capivano. Tristissimo. Jerome per me è finito in quell'armadio dove tengo gli autori speciali che voglio proteggere dagli studenti... su Jerome K. Jerome, fare ridere l’uomo moderno, spaventato
il 29/02 Ida ha commentato A proposito di classifiche: "Oggi se vai al cinema devi entrare a un’ora fissa, quando il film incomincia, e appena incomincia qualcuno ti prende per così dire per mano e ti dice cosa succede. Ai miei tempi si poteva entrare al cinema a ogni momento, voglio dire anche a metà dello spettacolo, si arrivava mentre stavano succedendo alcune cose e si cercava di capire che cosa era accaduto prima (poi, quando il film ricominciava dall’inizio, si vedeva se si era capito tutto bene - a parte il fatto che se il film ci era piaciuto si poteva restare e rivedere anche quello che si era già visto). Ecco, la vita è come un film dei tempi miei. Noi entriamo nella vita quando molte cose sono già successe, da centinaia di migliaia di anni, ed è importante apprendere quello che è accaduto prima che noi nascessimo; serve per capire meglio perché oggi succedono molte cose nuove." Anch'io,come U.ECO sono andata al cinema nel modo ricordato e quindi io amo ricordare e vorrei tanto poter fare liste di su Chi siamo il 28/02 Ida ha commentato Grazie Roberta per aver riaperto il blog.Trovo che è un modo per uscire dalla solitudine delle letture personali.Scrivere e leggere accanto, trovo che è un bel modo per parlarci e parlarmi. su Chi siamo
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