sabato 18 febbraio 2023

Tromsø Film Festival


 

Attrice, attivista e musicista, Ella Marie Hætta Isaksen è la leader vocalist del gruppo «Isák», è leader di organizzazioni ambientaliste. Fa il suo esordio nel cinema come protagonista del film di apertura al Tromsø Film Festival Let the River Flow di Ole Giæver, storia di mobilitazione dei Sámi in seguito alla costruzione di una diga nel loro territorio.

La figura di Ester è basata su una persona reale?
È un personaggio di fantasia, ma si basa sulla somma di tutte le persone che ho incontrato durante tutte le mobilitazioni. Penso di aver preso delle storie qua e là e creato questo personaggio, basato su tante storie, ma è un personaggio di finzione.

Come ti sei preparata per il ruolo di Ester?
In quanto attivista ho trascorso un sacco di tempo a prepararmi senza nemmeno saperlo. Recitazione da Method acting. Abbiamo iniziato a girare nel 2021. E quell’estate stavo partecipando a manifestazioni per cercare di bloccare il progetto di una miniera che avrà un impatto e distruggerà le terre dei pastori di renne. Non solo, anche gli scarti delle estrazioni, che hanno deciso di gettare nel fiordo, cosa abbastanza frequente in Norvegia ma non nel resto del mondo. Lavoro a quel caso da molti anni, sia come ambientalista che come attivista. Questo è uno dei modi in cui mi sono preparata e che avrei comunque fatto in ogni caso. Penso anche che visto che questo è il mio primo ruolo in assoluto, il mio modo di vedere, è stato un grande regalo per me poter godere di un lungo periodo di tempo; abbiamo lavorato insieme per quattro anni e questo ci ha permesso di sentirci coinvolti nel processo e poter leggere la sceneggiatura tante volte, approfondire e cercare di capire la protagonista, le sue lotte interiori, perché ci sono tante somiglianze tra noi due. Ma allo stesso tempo, lei è nata negli anni 50. È stata sicuramente più influenzata di me dall’oppressione dei Sámi. Io sono nata nel 1998. Inoltre, lei è una Sámi di mare e la cultura dei Sámi. di mare è stata più influenzata dai Sámi contadini, dove provengo io. È stato importante per me capire quel dolore e sentire quel dolore. Penso che sia qualcosa che ho evitato per tutta la vita, perché è importante per me essere un modello per i giovani Sámi . E ne sono estremamente orgogliosa. Sono davvero attivamente orgogliosa di chi sono e del nostro background, per combattere quella vergogna che è stata imposta al nostro popolo. E quindi devi ricaricare la molla. Ed è stato doloroso.

Quanto intendi parlare ai Sámi? E quanto intendi educare i norvegesi? Quanto vuoi educare il mondo?
Sì, penso che sia come un atto di equilibrio. Per arrivare a tutti quei mondi devi avere una storia originale che sia universale. Ecco. E il fulcro di questo film è il personaggio di Ester. Ho cercato di convincere la popolazione norvegese, per anni ormai, che dovrebbero voler conoscere di più la nostra storia comune e le parti brutte di questa storia. E penso, nella mia musica, e nel libro che ho scritto, che a volte ci si dedica così tanto a parlare della popolazione di maggioranza norvegese che ci si dimentica della propria gente. Ed è questo che amo così tanto di questo film, il fatto che la gente da tutta la Norvegia e i Sámi siano emozionati dalla stessa storia.

Il film è in norvegese e in Sámi. Quanto è importante la lingua Sámi per la vostra identità?
Ho sentito un sacco di gente dire che circa il 20% dei Sámi oggi parlano una delle lingue Sámi. Non sarebbe corretto ora dire che questo è il fulcro dell’identità di ogni persona Sámi. Ma per me lo è. E penso che anche le persone che non parlano questa lingua siano grate che qualcuno ancora lo faccia. Perché ovviamente, le nostre lingue sono una identità davvero forte, non c’è dubbio che siamo un popolo con le nostre caratteristiche culturali comuni. Spero che un numero sempre maggiore di persone decidano di imparare la loro lingua ma so che è un’esperienza traumatica per molte di loro perché hanno genitori o nonni che sono stati molto restii a farlo. E nel processo di diventare norvegesi, si inizia a odiare i Sámi. C’è tanta complessità e io cerco di rispettarla. Non è stato difficile per me. Ma è importante cercare di capire anche quel punto di vista. Penso che possiamo dirci tutti d’accordo sul fatto che è fondamentale che le nostre lingue sopravvivano.
Il modo in cui parli, il modo in cui dici le parole che usi può dire moltissimo di te. Può dire la tua storia, da quale famiglia provieni. Da quale regione vieni e quanto sei giovane . Con che tipo di persone ti piace stare, che slang usi. Tutto ciò è molto vicino alla tua identità. Ecco perché forse imparare la lingua o combattere per la sopravvivenza della tua lingua, cosa che io faccio ogni giorno, è una cosa molto personale.

Come pensi che la situazione attuale in Norvegia sia cambiata rispetto al periodo in cui il film è ambientato? Quanto progresso c’è stato secondo te? Visto che arrivi da una manifestazione.
Esatto. Proprio così! Ho risposto a questa domanda un sacco di volte negli ultimi due anni e sono arrivata alla conclusione che, sì, c’è stato un notevole progresso nella visibilità culturale, c’è più musica nostra, più del nostro Gatki, più rappresentazione nella cultura popolare. Siamo più celebrati culturalmente di quanto lo eravamo 40 anni fa. Ma se la popolarità per queste piccole cose sta crescendo, anche la pressione sulle nostre terre sta crescendo. La lotta per proteggere le nostre terre, per pascolare le renne o la pesca o i diritti di continuare a vivere nei modi tradizionali o vivere di risorse tradizionali. Mantenere un sostentamento tradizionale è più difficile adesso rispetto a prima. E vogliamo parlare della salute mentale nelle nostre comunità? Non ne abbiamo parlato. Di quanto questo abbia un impatto sulle nostre genti, del fatto che non si riesca più a sostenere la famiglia come si è sempre fatto o come ti è stato insegnato. È orribile.

Pensi di poter essere critica della comunità Sámi?
È una domanda interessante. Una conseguenza dell’oppressione. È naturale che si smetta di parlarne ad un certo punto, soprattutto per i problemi interni che abbiamo, e nel momento in cui ammettiamo di avere un problema con la violenza sessuale, ci rendiamo vulnerabili alla persecuzione. E penso, spero che questo uscirà da questa ondata di film. Ora possiamo finalmente osare e dire verità differenti. Non è la nostra verità. È un milione di verità differenti.

E come ti senti dopo aver debuttato con il tuo primo film?
Sì, non so se sono fortunata, perché ho avuto un ottimo rapporto di lavoro. Forse non è il massimo essere un’attrice. Non lo so. Ma questa esperienza è stata un sogno. E penso di aver sempre cercato nuovi modi di raggiungere i cuori della gente. Registro un podcast, ho scritto un libro e faccio della musica. Ma penso che un film abbia un format più ampio, e dia l’opportunità di far accomodare la gente in modo che possa ascoltare con attenzione. E vorrei farlo di nuovo.

[John Anthony Bleasdale 18/02/2023]

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