Che sia Lean Left a interpretare meglio lo spirito del 32esimo
festival jazz di Sant’Anna Arresi? Non è certo. Anzi è certo che Summit
Quartet è allo stesso livello di connessione interpretativa. Il mondo
sta attraversando una terribile fase regressiva, i diritti umani sono
negati, le rivoluzioni sociali degli anni ’60 del secolo scorso sono
vanificate: così recita il documento introduttivo della rassegna.
Colleghiamoci allora idealmente a un autore, Max Roach, che con una sua
opera, We insist! Freedom now suite, provò in tempi lontani a
tradurre in musica la ribellione alle oppressioni e il desiderio di
libertà. Quindi festival dedicato a Roach.
Ma interpretare vuol dire andare oltre, proiettare il proprio essere
contemporanei. Quello fanno i due ensemble nominati. Si misurano senza
paura con le possibilità tuttora illimitate di quella che un tempo si
chiamava avanguardia. Un tempo, mica tanto tempo fa. Prima che certi
censori linguistici tentassero di mettere al bando l’uso della parola.
Due quartetti. Lean Left – azzardiamo – sostiene la bellezza e
proficuità della «potenza destituente», Summit Quartet si schiera con le
stesse motivazioni di poetica dalla parte del «potere costituente».
Insomma, gli accenti del primo gruppo sanno di distruzione, sono più
«punk», quelli del secondo gruppo fanno intravvedere nuove forme di vita
(stabili/mobili), sono più «post-free». Ma in entrambi c’è una
struttura informale delle opere, un alternarsi di furore e meditazione,
una pregnanza del pensiero. Fanno capire che la contrapposizione di
«potenza destituente» e «potere costituente» potrebbe essere superata
invece che mostrarsi, in politica rivoluzionaria, nella forma di due
sette impegnate a scomunicarsi a vicenda. Ken Vandermark (sax tenore e
clarinetto) suona nell’uno e nell’altro ensemble. Ecco il personaggio
che potrebbe unificare le due aree sovversive. Con lui in Lean Left ci
sono Terrie Ex (chitarra), Andy Moor (chitarra), Paal Nilssen-Love
(batteria). Le parti percussive della chitarra di Ex, ottenute con la
bacchetta da batterista sulle corde, attirano l’attenzione in modo
speciale. Sia nel pieno del delirio collettivo sia negli «intermezzi» di
quiete riflessiva.
Musica in prevalenza fatta di strappi, di blocchi sonori bruscamente
messi in circolo, di note ribadite convulsamente. Però è fatta anche di
una fioritura di melodie «perse» al clarinetto, di battiti cupi sulla
grancassa. Visivamente i Lean Left sono splendidi inquietanti. Non un
sorriso, attentissimi, Terrie Ex, showman surreale punk che ondeggia da
un capo all’altro del palco. Ma era dai tempi di Derek Bailey che non si
sentivano assoli di chitarra avant-garde così interessanti. Vandermark
nel Summit Quartet è scorrevole e lirico (nella rivolta) e Mats
Gustafsson (sax baritono) cerca e trova laceranti spunti di lirismo
ayleriano. I due fiati vanno spesso in contrappunto acceso/disteso,
suonano duetti rabbiosi/amorosi.
[13/09/23017 Mario Gamba]
Questo blog accoglie la nuova avventura di quelli di Sguardi d’Altrove, e il Reverendo Dogdson, con i suoi dubbi sulla realtà, si aggiunge al nostro olimpo di numi tutelari. Non dimentichiamo gli autori che più spesso ci hanno accompagnati nel viaggio di Sguardi d’Altrove, anzi, da loro ripartiamo. Quindi, un pensiero affettuoso e ammirato, in particolare, ad Alan Bennet a alla sua Sovrana Lettrice, mantenendo ben fermo il principio che ragguagliare non è leggere.
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