Questo blog accoglie la nuova avventura di quelli di Sguardi d’Altrove, e il Reverendo Dogdson, con i suoi dubbi sulla realtà, si aggiunge al nostro olimpo di numi tutelari. Non dimentichiamo gli autori che più spesso ci hanno accompagnati nel viaggio di Sguardi d’Altrove, anzi, da loro ripartiamo. Quindi, un pensiero affettuoso e ammirato, in particolare, ad Alan Bennet a alla sua Sovrana Lettrice, mantenendo ben fermo il principio che ragguagliare non è leggere.
martedì 9 maggio 2017
Le nature indivisibili», Claude Royet-Journoud
È possibile la poesia «senza alcun rumore di sillabe»? Sì, in fondo il nostro tempo bloccato sembra essere quello adatto a un poetare estremo. Altrimenti che fare più? Certo, ci sarebbe il silenzio («Se solo si facesse un po’ di silenzio!» ammoniva Fellini nella sua ultima opera) e forse sarebbe salutare, ma tant’è. In attesa di una rivoluzione nell’arte della letterature (e non solo), vediamo cosa ci suggeriscono alcuni autori. È uscito, per le edizioni Effigie, il primo libro di poesie in traduzione italiana di Claude Royet-Journoud (Le nature indivisibili, pp. 100, euro 12).
Il libro è pubblicato, senza il testo francese a fronte, con la traduzione di Domenico Brancale, altro interessante e radicale poeta italiano. E non poteva che essere così se la filosofia dello stesso Royet-Journoud sulle traduzioni è chiarissima: «Nella traduzione, la lingua di arrivo è la versione originale e non l’inverso. D’altronde la poesia ha un corpo. È racconto – e in una sola lingua. Nelle edizioni bilingue ciò che viene distrutto è la nozione stessa di libro: la doppia pagina, l’importanza di voltare pagina, la sospensione della narrazione, il rapporto con il tempo». Bene. Inoltriamoci allora in questo testo (quarto volume, va aggiunto, di una tetralogia che comprende, dal 1972, Le Reversement, La notion d’obstacle, Les objets contiennent l’infini) che è un po’ un antro della Sibilla ma con la parola che si fa via via più rarefatta, sospesa in spazi bianchi che annunciano la sua consunzione. «Dirti una sola cosa/ (senza usare la bocca/ né la lingua/ e senza alcun rumore di sillabe)», «Vengo nel tuo respiro/ la tua vita ti riguarda/ la mia unica funzione è di non muovermi». È un’esperienza di assoluto questa raccolta poetica che ha una scansione per capitoli con titoli di un poema d’altri tempi: la storia in serie, portamento di voce, errore di localizzazione degli eventi nel tempo, cancellazione del bordo destro del cuore.
Una poesia che lascia esterrefatti per la capacità di emozionare nel sottrarre, nello scomparire. «Senza stimare la distanza/ tra voce e sonno/ qualche cosa/ intaccava l’insieme delle regole». E sono le regole codificate che se ne vanno definitivamente nei versi di Royet-Journoud. Ora non resta che aprire altre strade perché la poesia esca fuori dall’impossibilità di parlare: «Un ingranaggio/ occupa la base del cuore».
[Michele Fumagallo 9/0.5/2017]
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