mercoledì 3 maggio 2017

La fiducia di Arvo Part

La presenza di Arvo Part a Milano per la “quinta versione” di “Greater Antiphones” come la chiama Carlo Boccadoro che l’ha diretta con l’Orchestra dei Pomeriggi giovedì scorso al Teatro Dal Verme serberà nella memoria di chi vi ha partecipato l’aurea dell’evento eccezionale ed irripetibile. Per dirla al modo di un celebre poeta, in un’epoca in cui tutto ha un prezzo e nulla pare avere più un valore, nel discorso musicale di Arvo Part tutto appare come un dono. Forse o senza alcun dubbio questa smisurata fiducia nel darsi in toto deve aver mosso la limpida e tersa esecuzione del brano da parte di Boccadoro.
Cio’ sembra distogliere Part per fortuna dalla fama di compositore più eseguito al mondo e continuamente saccheggiato dal cinema contemporaneo, ormai entrata nel facile gioco mediatico dell’incasellamento categorico; mentre la biografia scolpisce i caratteri principali della sua musica, tra cui: apparente immobilismo, spiritualità, capacità di credere nella forza delle idee, sintesi della tradizione e invenzione di nuovi linguaggi musicali.
Tornando a Boccadoro, va aggiunto che il direttore e compositore milanese ha lavorato sulla partitura, da lui già diretta tempo addietro nella versione con coro, ecco il parlare di ultima versione, a stretto contatto con il compositore estone, arrivato a Milano in settimana proprio per assistere alle prove e a suggerire o accogliere, di volta in volta, dagli interpreti ed esecutori eventuali “correzioni” secondo una prassi diventata abituale nel continuo non più comporre opere nuove, ma passare al setaccio le vecchie composizioni nel desiderio di sottoporle ad un “refresh” rigoroso e critico, talmente serrato da considerarsi come confronto tra i se’ succedutisi fino ad oggi.
Ad onore della serata bisogna anche dire che al cospetto di Part sono passate in secondo piano le altre composizioni in programma, tra cui la prima esecuzione, commissione dei Pomeriggi Musicali, dei Racconti di pioggia e di luna, per due pianoforti di Carlo Galante, eseguiti da Luca Schieppati e Andrea Rebaudengo, il cui unico ascolto suggerisce un cauto giudizio tutto girato intorno alla fitta rete di relazioni che la partitura instaura tra l’orchestra, i due solisti, e il direttore.
Questo però non allontana ed è questo un merito, l’ascoltatore che percepisce il tentativo di dar un senso fisico agli elementi naturali evocati dal titolo, che un pubblico minimamente acculturato percepisce nei più celebri e, nella raffinatezza della composizione (l’inizio del secondo movimento, l’adagetto, con i due solisti impegnati in un fittissimo colloquio fatto più di affermazioni che interrogativi è di rara bellezza), non scontati rimandi letterari. Restano le ali del cartellone affidati a due composizioni di Stravinskij, Otto piccole miniature e Danses Concertantes, che racchiudono il grande compositore russo nell’apogeo del suo periodo neoclassico.
[Fabio Francione 3/05/2017]

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