Se cercavate un libro in cui l’autore vi prende per mano e vi aiuta gentilmente a esplorare il prodotto della sua immaginazione, allora questo libro non fa per voi. Karunatilaka ti abbandona subito nel caos e nei conflitti dello Sri Lanka e dei suoi morti. Se preferite un libro di cui alla fine siete sicuri di avere capito tutto, ancora, questo libro non fa per voi. Dovete essere pronti alla sorpresa e all’imprevedibile, ma una volta che avete assunto l’atteggiamento giusto, la storia vi prenderà e non vi mollerà più. Quindi, mi scuso con il gruppo se a qualcuno non è piaciuto, ma se l’avete abbandonato dopo un po’, vi consiglio di dare al romanzo almeno un’altra possibilità.
Una degli
aspetti spiazzanti di questo romanzo è che si tratta di un Cross-genre
novel, cioè un testo che mescola vari generi, romanzo storico,
realismo magico, ghost story e whodunnit: infatti comincia
come una specie di giallo, con il protagonista, morto da poco, che ha sette
giorni di tempo per scoprire chi l’ha ucciso, come e perché. Ma la collocazione
storica lo rende un romanzo profondamente politico: siamo alla fine degli
anni ‘80, e la guerra civile in Sri Lanka va avanti almeno dall’83 e continuerà
-ufficialmente- fino al 2009. I contendenti principali sono il governo Sinhala
(Cingalese) e i ribelli separatisti Tamil (le Tigri), ma ci sono vari gruppi e
varie posizioni politiche coinvolte.
Un elemento fondamentale è
l’origine etnica: in Sri Lanka l’etnia più numerosa è
quella Sinhala, poi ci sono i Tamil e i Burgher. Se le differenze fisiche non
sono sempre evidenti, le etnie si classificano facilmente in base ai nomi,
perché Sinhala e Tamil sono lingue molto diverse:il Sinhala è una lingua che
appartiene al ceppo Indo-Ariano, anche se si è evoluto diversamente dall’Indù e
dal Bengali per ragioni geografiche, mentre il Tamil appartiene al ceppo
Dravidico. I Sinhala hanno dei cognomi riconoscibili, mentre i Tamil
non hanno veri e propri nomi di famiglia, ma usano di solito il nome del padre
come cognome. E poi ci sono i Burgher, un piccolo gruppo euroasiatico
che discende dai colonizzatori, soprattutto Portoghesi (i primi ad arrivare
all’inizio del ‘500 e a sposare donne Sinhala o Tamil)ed Ebrei Portoghesi, ma
anche Olandesi e poi Britannici. Sotto il governo coloniale Britannico, i
Burghers avevano una posizione importante nella vita sociale ed economica del
paese, proprio per la loro componente europea.
Il protagonista incarna questa
complicata situazione, partendo dal suo nome:
lui usa Almeida, nome burgher portoghese di sua madre, che è mezza Tamil, ma il
suo nome ufficiale è Kalabana, quello Sinhala del padre con cui non ha avuto
contatti dall’adolescenza.In questo caso, la sua scelta è personale, non
politica, ma le varie discussioni sul suo nome durante la storia lo sono
eccome!
Maali stesso ribadisce più
volte di essere Srilanchese e che tutti dovrebbero
ritenersi tali, lasciando stare gli assurdi scontri etnici che, insieme alle
differenze politiche, hanno rovinato il paese.(E qui si sente con precisione la
voce dell’autore).
L’essenza politica di Maali è
dichiarata da due elementi principali
1. Karunatilaka
si è ispirato per il suo personaggio alla figura storica di Richard de Zoysa,
ucciso nel 1990. Era un attivista di Colombo, apparteneva alla borghesia,
parlava inglese, era un gay non dichiarato e il suo omicidio non è mai stato
risolto. Anche altri personaggi, sia dell’aldilà che del mondo dei vivi, sono
riferimenti a persone reali, sia vittime che carnefici.
2.
Questa figura di partenza di de
Zoysa si è poi evoluta in quella di un fotoreporter di guerra che lavora
per le diverse fazioni: le Tigri Tamil, il governo, i marxisti JVP, ecc. In
questo modo l’autore può presentare i vari aspetti della situazione politica
del suo paese e allo stesso tempo fornire molti sospetti per l’omicidio di
Maali Almeida.(Trattare la morte di un reporter è particolarmente significativa
anche da questa parte del mondo in questo periodo, dalla Politokvskaja alla
Roshchyna in Russia agli oltre 200 lavoratori dell’informazione morti a Gaza
dall’inizio dell’invasione israeliana)
I take
photos. I bear witness to crimes that no one else sees. I am needed.
Maali non vuole dimenticare nè essere dimenticato: soprattutto non vuole che il suo lavoro vada
dimenticato, perché se dimentichi, niente cambia. Le sue foto sono il
suo contributo di testimonianza per il suo paese, e non vuole che vada perduto,
le sue sono foto “che possono far cadere il governo”. Per questo non vuole
andare nella tranquillità della luce senza prima combattere per risolvere il
mistero che lo riguarda personalmente, e per rendere pubblico il proprio
lavoro come difesa contro l’amnesia collettiva.
L’aldilà è popolato da diverse tipologie
di fantasmi: ribelli in cerca di vendetta, suicidi
che continuano a ripetere il loro ultimo atto, turisti morti in un attentato
che continuano la loro vacanza... poi ci sono gli Aiutanti/Facilitatori che
cercano di aiutare i nuovi arrivati a orizzontarsi nella loro condizione di
morti in Between. Molti si lasciano convincere ad andare verso la luce e
l’oblio, ma molti altri resistono: durante le sue sette lune, Maali parla con
una varia umanità di fantasmi di argomenti diversi, dalla politica alla
religione -varie religioni-, dalla famiglia all’ingiustizia, alla guerra e a
quello che davvero importa nella vita.
Ci sono riferimenti al colonialismo
(e la divertente riappropriazione di Arthur Clarke come scrittore srilankese -the
Empire strikes back di rushdiana memoria) e al ruolo negativo delle forze
ONU indiane. Riassumendo, Maali è deluso e disilluso da tutte le fazioni
politiche attive nel suo paese. Ha lavorato per tutti e di tutti ha visto gli
errori e i crimini.
Da ateo, Maali dice una cosa molto
importante sul Male: (p.20)
Evil is not
what we should fear. Creatures with power acting in their own interest: that is
what should make you shudder.
Quello che ci deve far rabbrividire è
l’esistenza di creature di potere che agiscono
per il proprio interesse. Una delle poche cose che suo padre gli ha
insegnato è che il male vince perché è meglio organizzato...
La sessualità di Maali, oltre a essere un riferimento a de Zoysa, può essere
semplicemente un dettaglio della caratterizzazione, un aiuto allo sviluppo
della trama, ma sicuramente è anche un elemento politico: gli omosessuali in
Sri Lanka portavano -e portano ancora- uno stigma pesante.
Tutte queste idee importanti, e pesanti,
sono però trattate con un linguaggio semplice e chiaro e con un grande
senso dell’umorismo. Il Black Humour o Dark Gallows Humour è
l’unica cosa che rende sopportabile la situazione descritta nel romanzo.
Dal punto di vista tecnico, la prima cosa che noti quando cominci a leggere è l’uso
insolito della seconda persona. Probabilmente questo è uno dei modi che
l’autore adopera per distanziarsi dal suo protagonista e allo stesso tempo per
fornigli la necessaria oggettività e lucidità per capire quello che
succede. Maali stesso ha bisogno di prendere le distanze dalla propria vicenda
per comprendere gli eventi.
La scelta dell’ambientazione
nell’oltre tomba è stata spiegata molto bene dall’autore in un’intervista
dopo la vittoria al Booker Prize.
What
was your starting point for Seven Moons?
The
end of the civil war, in 2009. For an entire lifetime, that’s all we’d known.
We thought the war would continue forever. But there was debate over what
happened, in the final stages, to the 40,000 civilians who were killed. I
thought, let the dead speak because the living doesn’t have a clue. That was my starting point.
(La fine della guerra civile, nel 2009.
Per un’intera vita era stata l’unica cosa che avevamo conosciuto. Pensavamo che
la guerra sarebbe andata avanti per sempre. Ma c’era il dibattito su su quello
che era successo, nelle fasi finali, ai 40.000 civili che erano stati uccisi.
Ho pensato, lasciamo parlare i morti, perché i vivi non hanno nessuna idea in
proposito. Quello è stato il mio punto di partenza)
Il plot è complesso ma
gestito benissimo. Se devo fare una
critica: il finale è un po’ diluito e un po’ troppo “felice”. Però credo che
questa sia proprio una cosa voluta dall’autore, anche se secondo me indebolisce
il libro.Rispondendo a una domanda sul futuro significato del suo romanzo, Karunatikala
ha dichiarato che spera che fra vent’anni Le Sette Lune potrà stare
sugli scaffali del fantasy, vicino al Signore degli Anelli e a Harry
Potter.
I’m writing magical books with ghosts and demons, and people are saying, “Yeah, that’s exactly
what Sri Lanka’s like right now.” (Scrivo libri di magia con fantasmi e demoni e la gente dice:” Sì, questo è
esattamente lo Sri Lanka adesso!”)
Tra le cose che ho trovato affascinanti
in questo libro c’è anche la mitologia dello Sri Lanka, simile e diversa
da quella indiana, con una complicatissima gerarchia di demoni stranissimi e
fantasiosi, spaventosa e affascinante.
INFLUENZE
Tra gli autori di cui Karunatilaka
riconosce l’influenza sono evidenti Salman Rushdie per il realismo magico,
Michael Ondaatje (ANIL’S GHOST è l’unico altro romanzo che tratta della guerra
civile in Sri Lanka, per quanto ne so io), Neil Gaiman (fantasy) Kurt Vonnegut
e Douglas Adams (fantascienza/fantasy/humour) ma anche Agatha Christie e
Stephen King per l’aspetto crime. Qualche critico ha fatto riferimento agli
autori russi, in particolare a Gogol e Bulgakov, ma questo non è proprio il mio
campo.